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 2018  giugno 13 Mercoledì calendario

“La mia lotta dal carcere per la Catalogna”

I dirigenti indipendentisti in carcere trascorrono molte ore a scrivere lettere. Niente cellulare, poca televisione e tanta carta. Rispondono alle centinaia di messaggi in arrivo dalla Catalogna e non solo. «Ho riscoperto la penna», sorrideva Carles Puigdemont detenuto in Germania per dodici giorni. Molti di più, ormai quasi cento, sono quelli trascorsi dietro le sbarre di Estremera da Raul Romeva, ex eurodeputato dei Verdi, uno dei volti più noti dell’indipendentismo catalano. Una di queste lettere è stata mandata (e ricevuta) da Paolo Bergamaschi, mantovano, consigliere nella Commissione Esteri del Parlamento europeo. «Gli ho scritto esprimendogli la mia solidarietà – racconta Bergamaschi – Anche se nutro molti dubbi sulla causa indipendentista, ritengo vergognoso che si debbano rinchiudere in cella delle persone per le loro opinioni». 
Dal 23 marzo Romeva è stato rinchiuso nella prigione alle porte di Madrid, insieme a gran parte del governo catalano che ha dichiarato la nascita della repubblica. Si tratta di una carcerazione preventiva in attesa del processo. L’accusa principale è quella di aver preso parte al tentativo di “ribellione” contro lo Stato spagnolo, un reato pesante (fino a 30 anni di carcere) che presuppone l’uso della violenza ed è questo il punto più criticato da giuristi di mezza Europa. La risposta di Romeva è arrivata e la pubblichiamo qui accanto: «In tutta Europa c’è un problema di democrazia», scrive, chiudendo la lettera con un autoritratto dietro le sbarre. «Una lettera impetuosa e coinvolgente dal punto di vista sia emozionale che ideale – dice Bargamaschi – Messaggio forte e chiaro. Ma non è il sottoscritto che deve essere convinto. È più in alto, a Madrid e a Bruxelles che deve arrivare». La questione catalana potrebbe vivere momenti meno tesi grazie al cambio di governo. La famiglia Romeva aspetta un gesto: spostare Raul in un carcere meno lontano di Estremera: 700 chilometri da casa.