Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  giugno 13 Mercoledì calendario

Allestire centri in Nord Africa e neutralizzare le Ong: il piano anti-sbarchi di Salvini

Siamo agli amorosi sensi tra leader della destra continentale. Matteo Salvini ieri si è sentito con il collega tedesco, il «falco» bavarese Horst Seehofer, uno che sta litigando di brutto con la cancelliera Merkel proprio su quanto dev’essere dura la stretta contro i migranti nel suo Paese, e guardacaso c’è «piena sintonia tra Roma e Berlino». Di più. «Italia e Germania ora studiano una proposta comune sulla protezione delle frontiere esterne». 
Il caso-Aquarius sta cambiando velocemente gli equilibri in Europa. E così Salvini diventa un ottimo interlocutore per il ministro tedesco. L’obiettivo di entrambi è «non perdere ulteriore tempo» sul tema delle migrazioni. Perciò il nostro fa sapere di avere «accolto con piacere l’invito a un prossimo incontro a Berlino». Intanto c’è anche Viktor Orban che dall’Ungheria plaude al suo amico Matteo, come Marine Le Pen dalla Francia. Al punto che un europarlamentare olandese del partito di Geert Wilders, nazionalista e anti-islamico, ormai sogna ad occhi aperti: «Salvini – dice – è in contatto con l’Austria e con l’Ungheria. Stanno creando una nuova potenza in Europa insieme con i Paesi del gruppo di Visegrad».
Sta prendendo forma, insomma, una comunanza di intenti che prefigura un piano vero e proprio. Che è poi, grossomodo, quel piano che Salvini ha illustrato nei vertici a Palazzo Chigi delle ultime ore. Primo, frenare le partenze dalla Libia. È in preparazione la partenza del ministro per Tripoli. Gli stessi grillini sono più che d’accordo. Sicuramente – si dice nella maggioranza giallo-verde – occorre investire di più nella Guardia costiera libica, che è a corto di motovedette, di uomini, e perfino di pezzi di ricambio e carburante. Su questo punto, l’intera Europa è più che convinta, e infatti è appena stato rifinanziato con diversi miliardi di euro il piano per l’Africa (che ha in pancia il supporto ai libici). L’idea italiana, che sulla Libia ha un bagaglio di conoscenze che tutti riconoscono, è di incrementare il rapporto con la nostra Guardia costiera per dividersi più rigidamente le aree di competenza. Va da sé che questo implica un numero maggiore di gommoni da intercettare e riportare a riva. 
La «difesa delle frontiere esterne», su cui Salvini e Seehofer mettono tanta enfasi, significa poi che i due ministri hanno cominciato a ragionare su un sogno che finora era solo tedesco: aprire dei centri di accoglienza per richiedenti asilo in Tunisia, se non in Libia, a spese della Ue, dove far effettuare un primo screening alle domande di protezione internazionale. È anche l’idea su cui converge il Belgio. Salvini l’ha spiegata così, a conclusione di un’intervista video: «Come dice il governo del Belgio: servono nel Nord del continente africano dei centri di accoglienza e selezione dove riconoscere tra rifugiati veri e rifugiati falsi».
Gli «hub» internazionali
I grillini la vedono un po’ diversamente: preferirebbero organizzare in casa degli «hub» per l’accoglienza, ma con garanzie blindate sulla redistribuzione dei richiedenti asilo per quote in Europa. Solo che questo piano si scontra con l’attuale Regolamento di Dublino e non è alle viste una modifica così drastica. 
Fatte le debite proporzioni, allestire campi in Nord Africa è un’idea gemella di quell’altra che viene portata avanti dal cancelliere di estrema destra dell’Austria, Sebastian Kurz, di concerto con l’esecutivo di destra che governa la Danimarca, ovvero creare centri di accoglienza per richiedenti asilo in Albania o in Kosovo. Dappertutto, cioè, purché fuori dai confini dell’Unione. 
Kurz, che sta per assumere la presidenza del Semestre europeo, ne ha parlato finora con alcuni Paesi della sua area, incontrando – e non c’era da dubitarne – grandi consensi. Non si è espressa però la Germania, forse per dissensi interni alla Grande Coalizione. 
In questo gran disegno, però, il lavoro delle Ong è di massimo intralcio. Ed ecco perché tanta foga contro le navi umanitarie «Aquarius» o «Sea Watch». Per il momento, Salvini le ha immobilizzate. La prima è ancora ferma in mezzo all’oceano, poi dovrà navigare per 4 giorni e altrettanto al ritorno con un immane dispendio di carburante. La seconda è piena di dubbi, tanto che esita ad accogliere a bordo i primi naufraghi, pur individuati da una nave militare statunitense, «se prima non ci garantiscono un porto sicuro». 
I dubbi Cinquestelle
Una guerra simile alle Ong sta creando dubbi e perplessità dentro i Cinquestelle. È filtrato che la ministra della Difesa Trenta e Di Maio si sarebbero alquanto irrigiditi con Salvini alla prospettiva dei porti chiusi a oltranza. Per il momento hanno trovato una mediazione con la Lega nel proposito di rivedere il regolamento di Minniti, prevedendo un inedito incarico di primo soccorso e «primo riconoscimento», pena l’impossibilità di sbarcare chiunque in Italia. Ma la discussione tra le due anime della coalizione è stata aperta. La Lega ha fatto balenare la possibilità di spostare la competenza sui porti e sulla Guardia costiera al Viminale, per omogeneità di materia. Ma poi la cosa è morta per strada e Toninelli resta il responsabile politico del settore