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 2018  giugno 13 Mercoledì calendario

I robot al posto dei bancari gli Usa partono, in Italia 30 mila a rischio

Una banca “a guida autonoma”. E magari nemmeno una banca, ma un altro protagonista del mercato in grado di offrire soluzioni Fintech – servizi finanziari avanzati e automatizzati – che prenderà il posto della vecchia filiale, mandando in soffitta la categoria dei bancari.
Un incubo? Forse uno scenario ancora lontano, ma qualcosa con cui il mondo del credito comincia a fare i conti. Ieri c’è stato l’annuncio-shock: come conseguenza dell’automazione, il gigante americano Citi potrebbe dimezzare i “ruoli operativi” dell’investment banking, candidati più naturali ad essere sostituiti dai robot, portandoli da 20 mila a 10 addetti nei prossimi cinque anni. Le dichiarazioni del numero uno della banca, James A. Forese, sono state riportate dal Financial Times. Che ricorda come l’ex numero uno di Deutsche Bank, John Cryan, aveva preconizzato che metà della forza lavoro della banca tedesca potrebbe essere sostituito da macchine.
L’automazione, conclude il quotidiano, potrebbe portare ad un taglio dei posti di lavoro maggiore di quello registrato tra il 2007 il 2017.
In realtà il quadro, visto più da vicino, è variegato e forse meno inquietante. Intesa, prima banca del Paese, ha previsto nel piano industriale 2019-2021 esuberi per 2.700 unità legate all’innovazione digitale, ma le riassorbirà attraverso la riqualificazione, verso figure lavorative a più alto valore aggiunto.
«Se si apre un confronto nelle aziende e nei gruppi, all’interno di un quadro generale da definire in ambito Abi, si possono concordare nuove opportunità, nuove attività e nuove professioni – spiega Lando Sileoni, segretario generale della Fabi – il rinnovo del contratto può essere un’opportunità da sfruttare».
I sindacati sono allertati ma – per ora – non allarmati. Non sono i soli, anzi: secondo un recentissimo studio di Accenture, società di consulenza internazionale, l’introduzione delle nuove tecnologie nel mondo bancario porterebbe – entro il 2020 – ad un incremento dei ricavi fino al 34% e, allo stesso tempo, ad un aumento dell’occupazione del 12%. I dati sono il risultato di una ricerca condotta presso quadri e top manager delle principali banche in 11 Paesi (Italia compresa).
Non c’è dubbio che il settore del credito sia particolarmente esposto, sotto un doppio profilo: ha perso molta forza lavoro – negli ultimi cinque anni in Europa i bancari sono scesi di 328mila unità – dall’altro il segmento del credito è tra i più esposti alla digitalizzazione dei processi e all’innovazione tecnologica.
Secondo alcuni studi, proprio questa voce porterà a 30mila esuberi in Italia nell’arco di dieci anni. Ma i pareri sono discordi. «Occorre tener presente, ad esempio, il contesto normativo piuttosto complesso – sottolinea Gaetano Correnti, partner di Kpmg advisory – in questo momento non vedo un’ottica di tagli, quanto piuttosto di riqualificazione delle risorse verso operatività a più alto contenuto qualitativo».
Un passaggio fondamentale, in Italia, è proprio il rinnovo del contratto. Ieri c’è stata una lettera congiunta all’Abi dei sindacati di settore, che hanno rigettato la proposta di proroga di un anno del contratto; in autunno sarà pronta la piattaforma per il rinnovo, in vista della quale le sigle sono disposte ad un rinvio dell’eventuale disdetta del vecchio contratto, da far slittare di sei mesi, da giugno a fine anno. «I contratti dovranno prevedere cabine di regia per governare il cambiamento indotto dalla digitalizzazione – spiega Agostino Megale, segretario generale Fisac-Cgil – con norme e regole su orari, professionalità, occupazione e smart working». Anche le assicurazioni saranno coinvolte dalla rivoluzione tecnologica. «C’è un nuovo modo di interagire con i clienti, con una torta che potenzialmente si allarga: non sono pessimista», dice Andrea Battista, presidente di Archimede, Spac per investimenti assicurativi con forti componenti digitali.