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 2018  giugno 13 Mercoledì calendario

Mike Pompeo, il “buon soldato” che ha rotto il muro

Anche a lui piace Twitter, così, poco dopo la storica stretta di mano tra Kim e The Donald, Mike Pompeo non ha perso l’occasione. E ha postato una foto di lui sorridente, che sale in auto verso nuovi traguardi: «Domani Seul, poi alla volta di Pechino per continuare a costruire la squadra per ottenere la denuclearizzazione della penisola coreana». La chiama proprio così, “the team”, quella squadra internazionale di cui lui si sente, con una certa ragione, l’occulto leader. Un’altra foto, quella in cui si vede lui alle spalle di Donald Trump e Kim Jong-un mentre firmano gli accordi, anche se “storica” non l’ha pubblicata, perché Michael Richard Pompeo (Mike per amici e reporter) è uomo di mondo, sa stare al suo posto, sa bene quando è meglio non rubare la scena al proprio egocentrico capo. Se il vertice di Singapore è stato un successo (di immagine lo è certamente) il presidente deve ringraziarlo (insieme al suo consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton) perché è grazie a lui (a loro) che la Casa Bianca è riuscita a rompere il muro con l’ultimo bastione di comunismo reale. Chi meglio del “buon soldato Mike” – cinque anni nell’esercito, ufficiale di cavalleria assegnato a Berlino negli ultimi mesi prima della caduta del Muro, imprenditore aeronautico e petrolifero, infine direttore della più famosa agenzia di spionaggio al mondo – era adatto per andare a Pyongyang e dare il via al dialogo con l’imprevedibile satrapo-dittatore? Quando tutto ha avuto inizio Pompeo era ancora (formalmente) il capo della Cia e solo “in pectore” il Segretario di Stato (il Congresso non aveva ancora ratificato la nomina) e così in quel viaggio “top secret” a Pyongyang di un paio di mesi fa si era portato appresso solo alcuni fedeli “spioni” della premiata ditta di Langley. Spia e diplomatico, ambasciatore e militare, adesso si sente pronto a passare alla storia come l’architetto (insieme a Bolton) del primo grande successo mondiale della Casa Bianca di The Donald. Chissà se è vero quanto ha raccontato Boris Johnson, ministro degli Esteri di Sua Maestà (forse un po’ invidioso del suo pari grado Usa) quando ha detto che Pompeo aveva cercato l’aiuto di Londra («voleva avvalersi della nostra esperienza per smantellare i missili nord-coreani») per fermare il programma nucleare del diabolico Kim. Lui ha lasciato correre, tanto nella sua squadra Boris non c’è.