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 2018  giugno 10 Domenica calendario

Cosa rivela di noi l’uomo di Lazaret

A Nizza, nel cuore della città, la grotta Lazaret ha dischiuso una grande finestra sull’uomo vissuto fra 190.000 e 120.000 anni fa nelle vicinanze del mare che a quel tempo poteva essere 120 metri più basso rispetto al livello attuale. Si tratta di un antenato dei Neandertaliani, classificabile come Homo erectus in evoluzione verso la forma neandertaliana. L’Uomo di Lazaret è rappresentato da 28 resti di parti dello scheletro, appartenenti a diversi individui (11 adulti, 17 infanti). Lo studio completo della grotta e dei reperti, venuti alla luce in diverse riprese in mezzo secolo di scavi compiuti sotto la direzione di Henry De Lumley, viene presentato domani a Parigi in un poderoso volume nell’Istituto di Paleontologia Umana, alla presenza del Principe Alberto II di Monaco. Si tratta di un volume di 900 pagine a cui hanno contribuito quaranta coautori, corredato di trenta appendici di altri studiosi a livello internazionale sulle caratteristiche dei reperti esaminate sotto la guida della paleoantropologa Marie-Antoinette De Lumley.
I resti di Lazaret sono stati studiati sotto ogni punto di vista: stratigrafico, paleoambientale, culturale, antropometrico, morfofunziona-le, patologico, preistorico. Nonostante la relativa scarsità dei reperti in relazione al lungo periodo a cui in cui si collocano, lo studio ha consentito osservazioni di assoluto interesse che vanno a confermare molte conoscenze, desunte da altri studi su gruppi umani preneandertaliani vissuti in Europa nei periodi glaciali e interglaciali, e aggiungono nuove informazioni su quelle popolazioni vissute in condizioni di relativo isolamento in ambiente caratterizzato dal rigore del clima. Essi hanno preceduto i Neandertaliani classici di 100.000-50.000 anni fa, e presentano qualche caratteristica che si accentuerà con il tempo diventando tipica dei Neandertaliani. Il frontale Lazaret 24 appare meno evoluto rispetto ai Nean-dertaliani classici, con sporgenza sopraorbitaria arrotondato, doppia arcata sulle orbite, restringimento postorbitario e solco profondo sopra la sporgenza. Esso appare invece più evoluto rispetto ai reperti più antichi di Arago ( Tautavel, Francia) di 300.000 anni fa e di Sima de los Huesos (Spagna) di 350.000 anni fa. I frammenti di parietale, uno di infante e due di adulto offrono qualche somiglianza con forme di erectus asiatiche. Anche i frammenti di femore e i denti presentano aspetti intermedi fra i reperti più antichi sopra accennati e i Neandertaliani. L’ascendenza africana lontana del tipo neandertaliano è fuori discussione. Alcuni autori moderni ricollegano le forme europee che hanno preceduto i Neandertaliani a Homo heidelbergensis, antenato africano evolutosi dall’erectus, a cui si ricollegherebbero sia il sapiens, presente in Africa prima che in Europa, sia i Neandertaliani europei. Altri, come M.A De Lumley preferiscono indicare questi anteneandertaliani europei come forme di Homo erectus, con tendenze alla neandertalizzazione. È comunque interessante rilevare come non solo nel cranio di Lazaret, si riveli una tendenza alla neandertalizzazione, ma anche in altri segmenti del corpo (femore, denti). La cultura litica, rappresentata da industrie acheuleane, comprende bifacciali di diverse dimensioni, alcuni di elegante fattura, che rivelano armonia nella simmetria delle facce e dei contorni, quasi alla ricerca di un senso estetico, al di là della funzionalità. Degno di rilievo un parietale di infante affetto da un traumatismo cranico ben cicatrizzato: il soggetto non avrebbe potuto sopravvivere a lungo senza un’assistenza particolare. Ciò può essere visto a di un comportamento eticamente rilevante. La solidarietà c’era anche con l’uomo preistorico.
Da segnalare alcune fratture nelle ossa lunghe praticate per ricavarne carne e midollo a scopo alimentare, una pratica già nota per altri uomini preistorici. Viene da chiedersi se tale pratica potesse avere anche un significato rituale, come presso alcuni gruppi umani in epoca storica. È probabile che queste forme di cannibalismo, praticate su membri del gruppo o su individui esterni, potesse avere non solo uno scopo alimentare, ma anche un significato rituale.
Nei resti di Lazaret sono rappresentati adulti e infanti, ma questi, come fa notare Marie-Antoinette De Lumley, sono di 10-11 anni, non si trovano infanti più piccoli, forse perché troppo giovani per accompagnare i loro genitori nella caccia. Il gruppo umano di Lazaret, costituito da individui di diversa età e sesso (uomini, donne, bambini) frequentò la grotta in diverse riprese, a intervalli più o meno lunghi, con occupazioni stagionali per la caccia. Al di là dell’ascendenza lontana dell’uomo di Lazaret, la presenza di qualche tratto neandertaliano, anche se meno tipico rispetto ai Neandertaliani classici, accanto ad altri più arcaici induce a ipotizzare una tendenza alla neandertalizzazione, come sostenuto da M.A. De Lumley e riconoscono gli autori coinvolti in modi diversi nello studio.