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 2018  giugno 11 Lunedì calendario

Soldi e segreti, la pista Brexit porta a Mosca


Arron Banks è un discusso uomo d’affari britannico, tra i principali finanziatori dell’Ukip e della campagna per la Brexit. Domani, alla Camera dei Comuni, dovrà spiegare per quale ragione ha incontrato molte volte prima del referendum l’ambasciatore russo nel Regno Unito, Alexander Yakovenko, e chiarire i termini dei rapporti d’affari che ha sottoscritto nello stesso periodo: si parla di contratti per sei miniere d’oro russe e di possibili guadagni per milioni di sterline.
A sollevare il sospetto che la Russia abbia influito in modo pesante sull’uscita della Gran Bretagna dall’Europa sono stati ieri il «Sunday Times» e l’«Observer», entrambi venuti in possesso di migliaia di e-mail che riguardavano i contatti di Banks. Le aveva raccolte Isabel Oakeshott, una ex giornalista del «Times», lavorando come ghost writer al libro «Bad Boys of Brexit», il diario della campagna di Banks contro l’Ue. Oakeshott, dopo avere scoperto che la sua casella postale era stata hackerata, ha inviato le mail al «Times», mentre l’«Observer» le avrebbe ricevute da un’altra fonte.
Banks era solo un trafficone e fondatore di società fantasma, sposato con Ekaterina, una donna russa, quando aveva annunciato di voler donare 100 mila sterline all’Ukip del bad boy Nigel Farage. Saputo che William Hague, ex leader dei conservatori, aveva sentenziato che nessuno conosceva quel Banks, aveva alzato la donazione a un milione, così tutti avrebbero imparato a conoscerlo. Nella campagna per la Brexit ha speso più di 9 milioni di sterline, finanziando i siti Leave.EU e Grassroots.Out e tenendo chiassosi e sboccati comizi. Ma da dove venivano i soldi?
«Sunday Times» e «Observer», spulciando le mail raccolte da Oakeshott, hanno scoperto gli incontri di Banks con l’ambasciatore russo. Di uno si sapeva, e lo aveva ammesso anche lui, definendolo «un lungo pranzo ad alto tasso alcolico durato sei ore», avvenuto il 6 novembre del 2015.
Ma ce ne sono stati almeno altri due, dove forse si è bevuto di meno per poter parlare di cose serie. Il 17 novembre del 2015, l’ambasciatore Yakovenko avrebbe presentato a Banks l’imprenditore russo Siman Povarenkin, con il quale sarebbe stato discusso l’affare delle miniere. Ci sono tracce di un viaggio a Mosca nel febbraio del 2016, cinque mesi prima del referendum. Un altro incontro, al quale ha partecipato anche Andy Wigmore, addetto alle comunicazioni di Leave.EU, si è tenuto nel novembre 2016, tre giorni dopo la visita che Farage, Banks e Wigmore avevano fatto all’appena eletto Donald Trump a New York.
Damian Collins, presidente conservatore della Commissione digital, cultura, media e sport, ha convocato per domani ai Comuni Banks e Wigmore. Collins ha annunciato di voler chiedere a Banks: «Quali profitti ha tratto dalla sua relazione con l’ambasciata russa? Ha fatto soldi? Se li ha fatti, li ha usati per la campagna della Brexit?». Banks ripeterà quello che ha detto ieri a Reuters: «Le accuse sono completa e assoluta spazzatura. Ho bevuto una volta con l’ambasciatore? Sì, azzannatemi. Ho avuto soldi dalla Russia? Come no, sto ancora aspettando l’assegno. Questa è solo una caccia alla streghe».
E l’ambasciata russa? Ha spiegato che «non interviene mai nelle questioni di politica interna britannica». E se anche lo facesse, non andrebbe di certo a dirlo in giro.