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 2018  giugno 11 Lunedì calendario

Machiavelli all’asta: è battaglia legale per la lettera rubata

Et raccomanderovvi a’ polli», scrive il 26 settembre 1523 «Niccolo Machiavegli in villa» (cioè nella sua casa di campagna di Sant’Andrea in Percussina, vicino a San Casciano Val di Pesa) a suo cognato, il banchiere Francesco del Nero che da Firenze gli aveva spedito dei polli, forse in risposta a un invio di beccafichi documentato da un’altra lettera, datata 31 agosto.
L’autografo di Machiavelli con lo scambio di pollame e cortesie fa parte di un lotto di scritti del Medioevo e del Rinascimento che andrà all’asta sabato da Drouot a Parigi, la più celebre casa d’aste francese. È il lotto 8, scusate la cacofonia, prezzo stimato 15-20 mila euro. C’è un dettaglio, però, che rischia di mandare a monte la vendita se, come pare, lo Stato italiano riuscirà a bloccarla. La lettera, infatti, è stata rubata dalla Biblioteca Nazionale di Firenze. Se n’è accorto Marcello Simonetta, autore per la Bur del bestseller L’enigma Montefeltro e di Volpi e leoni, esperto di Rinascimento, parigino d’adozione e tra i curatori dell’edizione nazionale delle lettere di Machiavelli. Il foglio faceva parte della Collezione Strozzi, entrata fra la fine del Cinque e l’inizio del Seicento nelle collezioni fiorentine, in un volume che riunisce alcune lettere a Del Nero, banchiere, socio e factotum di Filippo Strozzi, e una serie di missive di celebri cortigiane dell’epoca, insomma finanzieri e prostitute rilegati insieme, forse con sottile ironia.
Anni fa, consultando il volume (segnature ms. II, III, 432, c. 93 per i pignoli), Simonetta si accorse che qualcuno si era portato via un Machiavelli. «Quando? Probabilmente intorno al 1870 o 1880, quando pratiche simili erano abbastanza comuni, foraggiate dal mercato antiquario», spiega Simonetta. «C’erano degli autentici professionisti. Il furto è documentato, quindi lo Stato italiano ha tutto il diritto di recuperare la refurtiva». Sposato a una sorella di Nicolò, Del Nero fu un personaggio importante per Machiavelli: «All’epoca, la Repubblica gli aveva commissionato le Storie fiorentine e Del Nero era quello che materialmente pagava».Curioso, però. In questa storia si torna sempre ai banchieri. La raccolta che va all’asta sabato e che comprende autografi, incunaboli, codici miniati (come un Canzoniere di Petrarca del 1470, stimato 200-300 mila euro, o un libro d’ore francese della fine del XV secolo, 700-900 mila euro) arriva dalla dispersione delle collezioni della società Aristophil, fondata nel 1990 dal finanziere Gérard Lhéritier, finito nei guai con la giustizia, e fallita nel 2015 lasciando un buco di 1,2 miliardi di euro e rovinando 18 mila piccoli risparmiatori. 
Sono soprattutto loro ad aspettarsi qualche risultato dalla dispersione delle collezioni. La prima asta, a fine dicembre, però non è andata troppo bene: ha totalizzato 3,8 milioni di euro, ma il 29% dei lotti non è stato venduto. Anche perché lo Stato francese ha classificato come «tesori nazionali» i due più preziosi, cioè il manoscritto delle 120 Giornate di Sodoma del marchese de Sade (Lhéritier l’aveva acquistato per 7 milioni e rivenduto a Aristophil per 12 e mezzo) e quelli dei primi due Manifesti del surrealismo di Breton. Venduti, invece, il manoscritto di Ursule Mirouët di Balzac (1,17 milioni) e una lettera di Napoleone a Giuseppina (320.320 euro su una stima di 60 mila, il Napo in Francia va sempre forte). 
Adesso lo Stato italiano cercherà di bloccare la vendita della lettera di Machiavelli. Il Mibact, pare, ha deciso di dare battaglia e ha riunito un voluminoso dossier che dimostra a chi appartiene davvero il lotto 8. Sarebbe una vittoria sui molti furti subiti dal patrimonio nazionale. E per una volta non faremmo la fine dei polli di Machiavelli.