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 2018  giugno 10 Domenica calendario

“Il capo della Cia che tratta con Kim, ecco la vera mossa vincente di Trump”

«Sulla Corea del Nord Donald Trump ha fatto meglio di chiunque altro. La carta vincente è stata delegare a Mike Pompeo l’apertura di un canale, il negoziato e l’organizzazione del summit. Fino ad oggi sul dossier nordcoreano parlavano in troppi, serviva una voce unica. Ma il vero successo si misurerà a partire dal 12 giugno: la denuclearizzazione della Corea richiede anni, non una giornata». Bill Richardson, già governatore del New Mexico, ministro dell’Energia, ambasciatore Usa presso le Nazioni Unite e negoziatore americano con la Corea del Nord, parla alla vigilia dell’appuntamento di Singapore.
Cosa si aspetta dal summit?«Il fatto che il summit si terrà, dopo la cancellazione da parte di Donald Trump, è uno sviluppo positivo, ma lo è ancor di più il fatto che il presidente abbia mostrato una certa flessibilità nel parlare di avvio della denuclearizzazione piuttosto che di denuclearizzazione istantanea della penisola coreana. Questo conferisce un senso di oggettività e pragmatismo al summit e depone a favore del suo successo».I tempi però saranno lunghi?«Sarà un processo che richiede anni e che deve contemplare ispezioni e scadenze. E che nel frattempo deve prendere in considerazione altre questioni: i diritti umani, la restituzione dei prigionieri di guerra sudcoreani e i cittadini giapponesi rapiti».Kim Jong-un è diventato veramente affidabile?«La Corea del Nord non è stata mai affidabile se si guarda la storia. È per questo che il processo deve prevedere l’accesso nel Paese degli ispettori internazionali dell’Aiea oltre di quelli americani. Altrimenti si finisce come con George W. Bush e Bill Clinton, con la sistematica violazione degli accordi da parte di Pyongyang con l’arricchimento di uranio dal Pakistan».Qual è il ruolo della Cina in questo negoziato?«La Cina deve essere parte della soluzione perché loro sono stati essenziali per il rispetto delle sanzioni a Pyongyang Se perdono questo ruolo e chiudono gli occhi dinanzi ai traffici che avvengono a cavallo del confine, come accaduto in passato, le pressioni sulla Corea del Nord vengono meno. Pechino deve essere parte della soluzione, ma questo richiede una certa condotta diplomatica con la Cina, e la politica dei dazi su tanti prodotti cinesi non credo sia produttiva».Ad un certo punto però Kim sembrava voler fare un passo indietro, come mai?«La Corea del Nord ricorre sovente alla retorica negativa come strumento negoziale. Gli Usa a loro volta hanno commesso un errore quando il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton e il vicepresidente Mike Pence hanno parlato di “modello Libia”, sentirsi paragonati a Muammar Gheddafi non è stato certo un incentivo al negoziato, vista la fine che ha fatto il colonnello libico. Fortunatamente entrambi hanno evitato la rottura e gli Stati Uniti hanno recuperato il summit. Adesso il clima di diplomazia è positivo specie se si guarda alle tensioni degli ultimi due o tre lustri, e gli insulti che dominavano i rapporti sino allo scorso anno». Appunto, meno di un anno fa Kim non si risparmiava in test nucleari e provocazioni balistiche, cosa è cambiato a un certo punto?«Primo, Kim vuole la sicurezza e la garanzia che gli Usa non lo faranno fuori. Secondo vuole la garanzia e la sicurezza che dopo l’accordo di pace può negoziare eventualmente una riduzione delle forze Usa in Corea del Sud. Terzo punta a un allentamento delle sanzioni. Così ne ha parlato con la Cina che ha spinto in questa direzione».Qual è stata la mossa vincente degli Stati Uniti?«Credo proprio che Pompeo sia stata la mossa vincente di Trump. Consentire al capo degli 007, ancor prima che segretario di Stato, di essere capo negoziatore di affidargli l’apertura di un canale di dialogo, l’avvio del negoziato e l’organizzazione del summit. Fino ad oggi sul dossier nordcoreano parlavano in troppi, serviva una voce unica». Trump quindi ha messo a segno un bel colpo?«Nonostante Trump abbia una politica estera drammatica, basti vedere la questione dei dazi, il Nafta, il Top e il G7 canadese di questi giorni, credo che sulla Corea del Nord abbia fatto meglio di chiunque altro, almeno sino ad oggi. Il risultato finale sarà determinato proprio dal summit».