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 2018  giugno 10 Domenica calendario

Storia di Rosalie, unica donna tra i Mille

Incredibile dictu, nella spedizione dei Mille c’era una donna. Si chiama Rosalie Montmasson, nata a Saint Jorioz, in Savoia, in una famiglia di umili origini. Francesco Crispi l’aveva notata a Marsiglia, ritrovata a Torino e se ne era innamorato. Siamo nel 1849. Per lungo tempo i due condividono sentimenti (si sposano nel ’54 a Malta) e ideali, combattono per la causa spostandosi da una città all’altra, sognando l’indipendenza italiana. L’acme sarà l’avventura del 5 maggio 1860 a Quarto. Poi, con l’ascesa politica di “Fransuà”, come lo chiama lei, comincia per Rosalie la parabola discendente: i tradimenti, i figli illegittimi, l’isolamento e la cancellazione dalla memoria. 
In La ragazza di Marsiglia (Sellerio), Maria Attanasio ricostruisce la vicenda di un piccolo-grande personaggio sconosciuto ai più, sulla cui tomba è scritto «esempio alle donne italiane di maschie virtù patriottiche e gentili virtù domestiche»: questo romanzo gli restituisce l’importanza che merita.
Rosalie aveva già mostrato il suo carattere volitivo e determinato nel momento in cui era fuggita dalla Savoia strappando al padre l’atto giurato del libre consentement – firmato davanti a un notaio di Annecy e a due testimoni – con il quale si emancipava dalla sua potestà e conquistava il diritto di sposare la persona che avrebbe scelto. Forza e tenacia si rivelano non meno consistenti con lo stesso Crispi quando a Genova – di fronte al diniego sulla possibilità della donna di partecipare all’ imminente spedizione – decide di rivolgersi a Garibaldi: senza timori e indugi si introduce nella stanza del Generale e ne esce con il consenso che desiderava. Sarà con i Mille, in pantaloni e camicia rossa.
Sino a quel momento, del resto, aveva messo in pericolo non poche volte la sua vita per consegnare messaggi, volantini e armi ai cospiratori, tra Londra e Parigi, seguendo le indicazioni del venerato Maestro, Giuseppe Mazzini. Nella nuova impresa ha soprattutto il ruolo di infermiera: soccorrerà i rivoluzionari anche durante la battaglia, guadagnandosi il soprannome di “angelo di Calatafimi”.
L’epilogo della sua vita sarà ingiusto. Mal digerita la conversione monarchica del marito (ma l’accordo tra i due è che lei continui a frequentare gli amici repubblicani), le cose cambiano con il trasferimento a Firenze, nel frattempo divenuta capitale. Gli impegni governativi di Crispi, le relazioni extra coniugali – una delle quali gli fa perdere la testa – scavano un solco incolmabile. Il marito arriverà a “sposare” l’altra, Lina Barbagallo, una donna che ha la metà dei suoi anni, facendo leva sul fatto che quel matrimonio celebrato a Malta con Rosalie tanti anni prima – in condizioni di estrema riservatezza e difficilmente dimostrabile dal punto di vista documentale – può essere ritenuto non valido. La separazione arriva alla fine del 1875. L’ultima stagione, che Rosalie trascorre fra l’oblio cui la condanna Crispi e al quale non la sottrarranno poi gli storici, si conclude il 10 novembre 1904 a Roma: al funerale, l’unico uomo delle istituzioni a renderle onore è il senatore Luigi Cucchi. Di lei aveva scritto Mazzini in una lettera, il 7 novembre 1862: «Essa certamente non è dei moderati», alludendo alla sua indole e al radicalismo delle sue posizioni politiche, non scevro da un impeto ingenuo. 
Maria Attanasio ha il merito di aver riportato alla luce una storia sepolta dal tempo, attraverso una ricerca descritta nelle pagine finali in cui si dà conto di un lavoro svolto con passione e meticolosità: il lettore, immerso in una narrazione avvolgente, si sente al fianco di Montmasson. Che volle essere seppellita con la camicia rossa.