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 2018  maggio 22 Martedì calendario

Gli a parte di Shakespeare

In un piccolo, prezioso libriccino ( Parlare per non farsi sentire, Bulzoni editore) Roberta Mullini, studiosa del teatro elisabettiano e giacomiano, ci invita con garbo sapiente a riflettere su un artificio all’apparenza minore, in realtà centrale della drammaturgia shakespeariana, e cioè sul modo in cui Shakespeare usa l’a parte – che è lo stratagemma che consente a un personaggio di parlare ad alta voce, ma per non farsi sentire da chi gli sta intorno. O per farsi intendere da uno solo dei personaggi, ad esclusione di altri. Mentre vuol farsi sentire da noi, gli spettatori. È un momento di sospensione del flusso comunicativo cruciale al movimento drammatico: perché così noi spettatori capiamo che siamo parte essenziale dell’evento teatrale, che non solo ci coinvolge in quanto testimoni, ma richiede da parte nostra un orecchio e un occhio attento, partecipe. Che sia la vocalizzazione di quel che il personaggio non vuol far capire ad altri, o l’attimo mentale in cui pensa a voce alta tra sé e sé, così aprendo una pausa di speciale intimità con il pubblico, l’a parte dimostra che la materia di cui vive il teatro, che consiste fondamentalmente nella parola scambiata in dialogo, porta inevitabilmente, necessariamente a fare teatro nel teatro. O metateatro. Che è la piega che il teatro prende sempre con Shakespeare. Sono irresistibili i siparietti che grazie a tale stratagemma si creano tra Lucio e Isabella in Misura per Misura, e altrettanto goduriosi i duetti che Falstaff inscena con una delle sue allegre madame in quel di Windsor, fenomenali gli a parte nel Troilo e Cressida, e così tanti in quel testo, che tutto il dramma, nella sua incertezza di commedia o tragedia, prende piuttosto il tono della satira à la Crozza. In effetti gli a parte del Troilo sono aggressioni verbali di un personaggio che satireggia, ironizza, o degrada l’azione dell’altro, mostrandone il carattere di recita. Mullini avverte: l’a parte segnalato dalle disdascalie che oggi troviamo nei testi che leggiamo non ha riscontro negli originali shakespeariani. Viene meticolosamente introdotto dai curatori moderni grazie a didascalie dall’intento per l’appunto didascalico: è un aiuto offerto al lettore, magari non naturalmente dotato dell’immaginazione visiva necessaria a reinventare l’azione del dialogo, affinché, malgrado il modo particolare della sua fruizione privata, solitaria, silenziosa, non dimentichi l’ascolto della dinamicità linguistica del testo.