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 2018  maggio 22 Martedì calendario

L’amaca

Per capire meglio di quale sostanza è fatto, al di là delle apparenze, il nuovo governo, forse la prova determinante sarà la politica fiscale.

Si capirà meglio come la Lega intenda la lotta all’evasione, mostruosa per quantità e, specie negli ultimi anni, molto ben definita nella sua qualità politica (Roma ladrona, Stato parassita, giù le mani dalle mie tasche e via dicendo). E come i Cinque Stelle, notoriamente molto “di sinistra”, intendano l’equità del prelievo, che secondo la Costituzione deve essere «informato a criteri di progressività», secondo il sistema vigente colpisce molto il lavoro e poco la rendita, secondo la flat tax concederebbe ai ricchi un clamoroso sconto.

Su questo ultimo punto è in atto un dibattito (molto italiano) dal quale è lecito desumere tutto e il contrario di tutto. Ho udito con le mie orecchie, a Radio 1, l’economista Nicola Rossi lodare l’equità della flat tax; ma secondo un rozzo calcolo, da non economista, l’aliquota Irpef di un professionista come me ne uscirebbe dimezzata; mentre chi ha un reddito medio-basso dovrebbe pagare più o meno ciò che paga ora. Dove stia dunque l’equità non l’ho capito affatto, ma conto, di qui a poco, di sentirmi spiegare che mi sono sbagliato. In modo da non dover concludere che, incredibile ma vero, il governo degli “amici del popolo” (parola di Di Maio) intenderebbe emulare trent’anni dopo Reagan e Thatcher, che i benestanti di tutto l’Occidente ricordano con gratitudine.