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 2018  maggio 21 Lunedì calendario

Ritratto di Giuseppe Conte

Marco Galluzzo sul Corriere della Sera
ROMA Indossa sempre i gemelli e gli piace la pochette. Si è laureato in Legge alla Sapienza, ma ci tiene, oltre all’eleganza, a far sapere che ha un curriculum che in pochi possono vantare: è passato come studente, nel 1992, tra Yale e Duquesne, un anno dopo a Vienna (International Kultur Institut), sette anni dopo in Francia alla Sorbona, nel 2001 nel Regno Unito, presso il Girton College, in quel centro del sapere e della ricerca mondiale che si chiama Cambridge, e poi ancora alla New York University, circa dieci anni fa.
Per Luigi Di Maio potrebbe essere il premier ideale, il nome che Mattarella non potrebbe rifiutare. Al Quirinale non ne sono del tutto convinti, ma nella Lega invece sembra che non abbiano nulla da obiettare. Se il professore Giuseppe Conte non ha esperienza politica, è di sicuro un tecnico, almeno di estrazione giuridica, di livello. Di certo, oltre agli studi, ha anche un presente che brilla per la molteplicità di esperienze. Come per le accademie di formazione altrettanto estesi sono i suoi incarichi, le sue pubblicazioni, e le materie sulle quali vanta una specializzazione.
Se il diritto è il suo campo, non sono poche le branche del diritto nelle quali può asserire di essere esperto, aziendale e amministrativo, finanziario e civile in senso lato: è stato membro laico del Consiglio superiore del Consiglio di giustizia amministrativa, è condirettore della nuova collana Laterza dedicata ai Maestri del diritto, componente della commissione Cultura di Confindustria.
Lo descrivono come misurato ed equilibrato. È avvocato civilista, patrocinante in Cassazione, ma anche professore ordinario di Diritto civile: ha insegnato, fra gli altri, a Roma Tre, Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Lumsa di Roma, a Malta, alla San Pio V di Roma, alla facoltà di Legge di Sassari. Oggi tiene corsi sia a Firenze che alla Luiss.
Sui blog qualcuno lo prende in giro: hanno misurato i curriculum da lui pubblicati, evidentemente su diversi siti, e in alcuni casi non sempre le pagine sono le stesse. Per alcuni 12, per altri 24. Di sicuro ama le frasi ad effetto, «every accomplishment starts with the decision to try», si leggeva sino a qualche giorno fa nel suo profilo di WhatsApp, citazione da Kennedy, ha scritto il Sole 24 Ore. Si dice che se contattato risponde con un suggerimento: «Scrivetemi come se ogni messaggio costasse 10 euro, vi aiuterà a concentrare il pensiero», un modo educato per dire che può prendere in considerazione solo alcuni messaggi, non tutti.
Per alcune settimane è stato in pole position per il ruolo di semplificatore della Pubblica amministrazione, poi il tema sembra scomparso dal radar del contratto di governo, fra Lega e Cinque Stelle. Ha anche ricoperto incarichi presso l’Agenzia spaziale e presso il Collegio degli arbitri finanziari. Una montagna di esperienze accademiche e amministrative, per questo professore di 54 anni nato a Volturara Appula, nel Foggiano. Un docente che in pochi conoscono ma che è anche digiuno di politica, almeno prima di essersi avvicinato al mondo dei Cinque Stelle. Non è facilissimo immaginarlo ad un G7 o ad un Consiglio europeo a Bruxelles, magari al fianco del presidente francese o della Cancelliera.
«Ma è pur vero che è anche l’istituzione che fa il ruolo», dicono nello staff di Luigi Di Maio. E sottolineano che a leggere tutto il curriculum si scopre anche che le pubblicazioni sono decine e decine, che è anche componente del comitato scientifico della Fondazione italiana del notariato e di varie associazioni scientifiche, che – nel ruolo di membro laico del «Csm» della giustizia amministrativa – ha presieduto fra le altre la commissione speciale del Consiglio di Stato che ha destituito Francesco Bellomo, il consigliere finito nella bufera per le avances sessuali alle allieve dei corsi per aspiranti magistrati.
Se tutto questo basterà per convincere il capo dello Stato lo sapremo oggi. Il suo nome era già emerso nei giorni scorsi, come ministro della Pubblica amministrazione, poi sembrava tramontato. A poche ore dalla formazione del governo è invece di nuovo in pole position. Di sicuro, il suo curriculum è stato vagliato con molta attenzione negli uffici della Presidenza della Repubblica.

Annalisa Cuzzocrea e Liana Milella su Repubblica


ROMA
I devoti penseranno che ci sia un po’ dello spirito di Padre Pio a vegliare su Giuseppe Conte.
L’unico “tecnico” candidato ministro dei 5 stelle a sopravvivere alla realtà del dopo voto. L’unico dei nomi già passati sul tavolo della trattativa a restare in sella fino all’ultimo, fino a quando, questo pomeriggio, il Movimento 5 stelle e la Lega lo porteranno (almeno stando a ieri notte, vista la volubilità dei contraenti) sulla scrivania di Sergio Mattarella.
Cinquantaquattro anni, sposato e separato con un figlio di dieci, tifoso della Roma e giocatore di calcetto fino a uno sfortunato incidente al menisco, docente di Diritto privato all’università di Firenze, Conte è infatti nato a Volturara Appula, un minuscolo centro di cento abitanti in provincia di Foggia, ma ha fatto tutte le scuole a San Giovanni Rotondo, dove il padre era segretario comunale e dove ha passato le ultime vacanze di Natale. Laureato in Giurisprudenza alla Sapienza col massimo dei voti (tesi con Giovanni Battista Ferri, di cui diventa assistente), ha perfezionato gli studi a Yale, Pittsburgh, Vienna, fino alla Sorbona di Parigi e alla britannica Cambridge. L’inglese, insomma, non dovrebbe essere un problema. Il cuore a sinistra, è pupillo del professor Guido Alpa, con cui condivide lo studio a Roma. Era con lui anche venerdì scorso a un convegno de La Sapienza dedicato alla figura di Stefano Rodotà, il giurista che i 5 stelle avevano indicato per il Colle cinque anni fa. Arrivato al Movimento attraverso il fedelissimo di Di Maio Alfonso Bonafede, il professore, avvocato civilista, fu indicato nel 2013 dai 5 stelle al Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ma - fanno sapere dal M5S vantandone la correttezza - «si è dimesso subito dopo aver accettato la candidatura come nostro ministro della Pubblica amministrazione. E non era scontato». Ricercatore, professore associato, poi ordinario, è passato dall’University of Malta a quella di Sassari prima di ottenere la cattedra a Firenze e alla Luiss di Roma. Il suo ultimo libro, “Impresa responsabile”, è uscito un mese fa. Mentre solo due settimane fa Conte ha pubblicato un’antologia di 650 pagine sulla “Tutela dei diritti e delle libertà fondamentali”.
Di Maio lo ha conosciuto dopo la sua nomina al Cpga e da allora assicura chi li conosce entrambi - è partito un dialogo proficuo. È stato lui a occuparsi dell’istruttoria che ha destituito il consigliere di Stato Francesco Bellomo, accusato di vessazioni e rapporti impropri con le studentesse dei suoi corsi, dopo un lunghissimo interrogatorio la cui trascrizione occupa 200 pagine. Così com’è stato lui a bocciare la candidatura al Consiglio di Stato di Antonella Manzione, capo dei vigili urbani di Firenze e dell’ufficio legislativo di Palazzo Chigi con Renzi, per le «non elevate qualità professionali».
Fa il pendolare tra Roma e Firenze, Conte, ma giura sia l’unica cosa che lo accomuna all’ex premier ed ex segretario pd. Anche se non fa mistero di aver sempre votato a sinistra, prima di essere folgorato dal Movimento e di convincersi che «gli schemi ideologici del ‘900 non sono più chiavi di volta adeguate per comprendere la realtà».

Fabio Martini sulla Stampa
Si è addormentato presidente del Consiglio, ma soltanto oggi all’ora del crepuscolo si capirà se sarà proprio lui, il professor Giuseppe Conte, a sedersi accanto a Donald Trump, Angela Merkel, Emmanuel Macron nella riunione del G7 che si terrà a l’8 giugno a La Malbaie in Canada. Da una settimana il nome di questo docente di diritto privato all’Università di Firenze, sconosciuto al grande pubblico e a quello della politica, circola come candidato più accreditato alla guida del “governo del cambiamento”. E ieri sera l’ipotesi si era fatta corposa. Un tam-tam mediatico che dura da giorni e che il professore non ha assecondato, sottraendosi al pressing dei media. Un defilarsi e uno stile diversi da quelli in voga nel chiassoso sistema politico-mediatico e si vedrà presto se questo understatement connoterà anche la guida del governo. Da parte di un personaggio che qualcuno nel Palazzo ha già ribattezzato il “Frattini dei sovranisti”. Alludendo ad uno stile e ad una storia personale in qualche modo riconducibili a quelli dell’ultimo ministro degli Esteri di Berlusconi.
Per ora un certo charme esteriore è l’unico tratto che il professore abbia dispensato in pubblico. Salito alla ribalta poco prima delle elezioni del 4 marzo, in occasione della presentazione dei futuribili ministri pentastellati, Conte si offrì alle telecamere con un completo blu, un fazzolettino da taschino bianco, una cravatta viola a pois bianchi, un gilet sopra la camicia bianca. E poi, durante uno dei tanti tallk show serali, ebbe a dire soltanto poche parole: «Il mio cuore ha battuto tradizionalmente a sinistra. Il mio primo contatto con i Cinque stelle risale a quattro anni fa...».
Parole che combaciano con le sue simpatie politiche, o almeno con quel che trapela. A Firenze raccontano che il professor Conte avrebbe coltivato un certo afflato per il primo Renzi e in “ricordo” di quella stagione proprio l’ex presidente del Consiglio ha fatto trapelare una battuta: «ll M5S vuole fare premier Conte, l’amico di Maria Elena Boschi?». Intenti corrosivi nella battuta? Di certo il professore non ha coltivato a lungo quelle simpatie: dopo essere stato anni fa assistente di un giurista di peso come Guido Alpa (che ha dato una mano ad Andrea Orlando nella stesura della sua mozione congressuale anti-Renzi), nel recente dopo-elezioni, quando si affacciò l’ipotesi di un governo Cinque stelle Pd, il professor Conte tifò per quella opzione.
Ma con la politica il professore ha coltivato un rapporto essenzialmente interiore. E infatti Giuseppe Conte sarebbe il primo presidente del Consiglio nella storia della Repubblica privo di una precedente esperienza politica o comunque di amministrazione della cosa pubblica. La sua reputazione, Conte se l’è conquistata nella attività accademica. Cinquantaquattro anni, originario di Volturara Appula, nell’entroterra foggiano, Conte approda a Firenze dove svolge l’attività di avvocato e di ordinario di diritto privato. Ha consolidato il feeling con i Cinque stelle con i suoi progetti di deburocratizzazione e meritocrazia nella Pa e per aver coordinato l’istruttoria che di recente ha portato alla destituzione del consigliere di Stato Bellomo per i suoi comportamenti con le allieve. Introdotto nell’ambiente pentastellato dal deputato fiorentino Alfonso Bonafede, Conte si oppose alla nomina al Consiglio di Stato della ex capo dei vigili di Firenze Antonella Manzione (vicina a Renzi) con queste parole: «Non offre garanzie di provata competenza». I suoi studenti universitari dicono che il suo unico vezzo è il suo ciuffo ribelle e che il professore «è bravissimo a spiegare». Ora, se tutto va in porto, dovrà spiegarsi con milioni di italiani e con i grandi della Terrra, che lo studieranno con un’attenzione fuori dall’ordinario.

Massimo Malpica sul Giornale
Un Conte per Palazzo Chigi. Il totopremier del governo gialloverde sembra un gioco ristretto al solo nome del giurista Giuseppe Conte. Uscito vincitore, a dar retta ai rumors di giornata, da una specie di roulette russa tra l’uomo che ha bocciato la flat tax, l’economista Andrea Roventini, e quello «amico» della Boschi, Conte appunto.
Sconosciuti al grande pubblico ma non alle élite, i due erano stati reclutati dal M5s che li aveva inseriti, alla vigilia delle elezioni, nella lista del «governo» voluto da Di Maio prima ancora del voto. Il primo era destinato all’Economia, il secondo alla Pubblica amministrazione. E proprio quest’ultimo al momento sarebbe il premier in pectore, con le quotazioni in fortissimo rialzo: il nome portato al Quirinale da Di Maio e Salvini dovrebbe alla fine essere proprio il suo.
Su Roventini, infatti, avrebbe pesato fino al no categorico un problema non da poco. L’economista, che insegna alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa, aveva infatti criticato a più riprese la flax tax, cara a Salvini e, seppur corretta e portata a più aliquote, inserita nel «contratto» del governo gialloverde. Evidentemente uno che ha definito «fake tax» la flat tax, dunque, non è apparso la scelta più digeribile per Salvini né il nome «terzo» ideale per guidare l’ipotetico governo tra pentastellati e Carroccio.
A scavalcarlo in dirittura finale è stato quindi il professore, Giuseppe Conte, che tra l’altro è l’uomo che ha guidato la commissione speciale del Consiglio di Stato che si è occupata di destituire il consigliere Francesco Bellomo, il magistrato amministrativo che era finito tra roventi polemiche per i suoi corsi di preparazione all’esame di magistratura che prevedevano dress code e incursioni nella privacy degli studenti e in particolare delle studentesse.
Al di fuori della sua attività da membro dell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa, e del suo ruolo nella «defenestrazione» di Bellomo, però, di Conte il grande pubblico sa molto poco. Nato 54 anni fa nel Foggiano, a Volturara Appula, si è laureato alla Sapienza di Roma nel 1988, e dopo aver approfondito i suoi studi all’estero (da Yale a Vienna, da Parigi a Cambridge) e aver insegnato a Roma, Malta e Sassari, adesso è titolare di una cattedra di diritto privato all’Università di Firenze, materia che insegna anche alla Luiss di Roma. Oltre a sedere nel consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, Conte è avvocato cassazionista e si occupa, soprattutto, di diritto civile e commerciale, ed è considerato uno specialista in materia di arbitrati.
Il suo profilo sarebbe gradito tanto ai Cinque Stelle - che appunto l’avevano già «nominato» nel governo-alba - quanto alla Lega. Eppure, come si diceva all’inizio, il professore fiorentino di adozione ha una curiosa medaglia nel curriculum, che non sembra andare d’accordo con le due parti che intendono governare il Paese. Conte, infatti, sarebbe uno stretto amico di Maria Elena Boschi. Proprio lei, l’ex ministro delle Riforme renziana, e poi sottosegretario alla presidenza con Gentiloni, che più volte è stata additata proprio da Carroccio e M5s come regista occulta nel salvataggio delle banche - in particolare per banca Etruria - e nella gran fregatura riservata ai risparmiatori rimasti col cerino in mano. Possibile che il premier del nuovo governo sia proprio un amico dell’«odiatissima» Meb?