ROMA
Fabio Martini sulla Stampa
Si è addormentato presidente del Consiglio, ma soltanto oggi all’ora del crepuscolo si capirà se sarà proprio lui, il professor Giuseppe Conte, a sedersi accanto a Donald Trump, Angela Merkel, Emmanuel Macron nella riunione del G7 che si terrà a l’8 giugno a La Malbaie in Canada. Da una settimana il nome di questo docente di diritto privato all’Università di Firenze, sconosciuto al grande pubblico e a quello della politica, circola come candidato più accreditato alla guida del “governo del cambiamento”. E ieri sera l’ipotesi si era fatta corposa. Un tam-tam mediatico che dura da giorni e che il professore non ha assecondato, sottraendosi al pressing dei media. Un defilarsi e uno stile diversi da quelli in voga nel chiassoso sistema politico-mediatico e si vedrà presto se questo understatement connoterà anche la guida del governo. Da parte di un personaggio che qualcuno nel Palazzo ha già ribattezzato il “Frattini dei sovranisti”. Alludendo ad uno stile e ad una storia personale in qualche modo riconducibili a quelli dell’ultimo ministro degli Esteri di Berlusconi.
Per ora un certo charme esteriore è l’unico tratto che il professore abbia dispensato in pubblico. Salito alla ribalta poco prima delle elezioni del 4 marzo, in occasione della presentazione dei futuribili ministri pentastellati, Conte si offrì alle telecamere con un completo blu, un fazzolettino da taschino bianco, una cravatta viola a pois bianchi, un gilet sopra la camicia bianca. E poi, durante uno dei tanti tallk show serali, ebbe a dire soltanto poche parole: «Il mio cuore ha battuto tradizionalmente a sinistra. Il mio primo contatto con i Cinque stelle risale a quattro anni fa...».
Parole che combaciano con le sue simpatie politiche, o almeno con quel che trapela. A Firenze raccontano che il professor Conte avrebbe coltivato un certo afflato per il primo Renzi e in “ricordo” di quella stagione proprio l’ex presidente del Consiglio ha fatto trapelare una battuta: «ll M5S vuole fare premier Conte, l’amico di Maria Elena Boschi?». Intenti corrosivi nella battuta? Di certo il professore non ha coltivato a lungo quelle simpatie: dopo essere stato anni fa assistente di un giurista di peso come Guido Alpa (che ha dato una mano ad Andrea Orlando nella stesura della sua mozione congressuale anti-Renzi), nel recente dopo-elezioni, quando si affacciò l’ipotesi di un governo Cinque stelle Pd, il professor Conte tifò per quella opzione.
Ma con la politica il professore ha coltivato un rapporto essenzialmente interiore. E infatti Giuseppe Conte sarebbe il primo presidente del Consiglio nella storia della Repubblica privo di una precedente esperienza politica o comunque di amministrazione della cosa pubblica. La sua reputazione, Conte se l’è conquistata nella attività accademica. Cinquantaquattro anni, originario di Volturara Appula, nell’entroterra foggiano, Conte approda a Firenze dove svolge l’attività di avvocato e di ordinario di diritto privato. Ha consolidato il feeling con i Cinque stelle con i suoi progetti di deburocratizzazione e meritocrazia nella Pa e per aver coordinato l’istruttoria che di recente ha portato alla destituzione del consigliere di Stato Bellomo per i suoi comportamenti con le allieve. Introdotto nell’ambiente pentastellato dal deputato fiorentino Alfonso Bonafede, Conte si oppose alla nomina al Consiglio di Stato della ex capo dei vigili di Firenze Antonella Manzione (vicina a Renzi) con queste parole: «Non offre garanzie di provata competenza». I suoi studenti universitari dicono che il suo unico vezzo è il suo ciuffo ribelle e che il professore «è bravissimo a spiegare». Ora, se tutto va in porto, dovrà spiegarsi con milioni di italiani e con i grandi della Terrra, che lo studieranno con un’attenzione fuori dall’ordinario.
Massimo Malpica sul Giornale
Un Conte per Palazzo Chigi. Il totopremier del governo gialloverde sembra un gioco ristretto al solo nome del giurista Giuseppe Conte. Uscito vincitore, a dar retta ai rumors di giornata, da una specie di roulette russa tra l’uomo che ha bocciato la flat tax, l’economista Andrea Roventini, e quello «amico» della Boschi, Conte appunto. Sconosciuti al grande pubblico ma non alle élite, i due erano stati reclutati dal M5s che li aveva inseriti, alla vigilia delle elezioni, nella lista del «governo» voluto da Di Maio prima ancora del voto. Il primo era destinato all’Economia, il secondo alla Pubblica amministrazione. E proprio quest’ultimo al momento sarebbe il premier in pectore, con le quotazioni in fortissimo rialzo: il nome portato al Quirinale da Di Maio e Salvini dovrebbe alla fine essere proprio il suo. Su Roventini, infatti, avrebbe pesato fino al no categorico un problema non da poco. L’economista, che insegna alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa, aveva infatti criticato a più riprese la flax tax, cara a Salvini e, seppur corretta e portata a più aliquote, inserita nel «contratto» del governo gialloverde. Evidentemente uno che ha definito «fake tax» la flat tax, dunque, non è apparso la scelta più digeribile per Salvini né il nome «terzo» ideale per guidare l’ipotetico governo tra pentastellati e Carroccio. A scavalcarlo in dirittura finale è stato quindi il professore, Giuseppe Conte, che tra l’altro è l’uomo che ha guidato la commissione speciale del Consiglio di Stato che si è occupata di destituire il consigliere Francesco Bellomo, il magistrato amministrativo che era finito tra roventi polemiche per i suoi corsi di preparazione all’esame di magistratura che prevedevano dress code e incursioni nella privacy degli studenti e in particolare delle studentesse. Al di fuori della sua attività da membro dell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa, e del suo ruolo nella «defenestrazione» di Bellomo, però, di Conte il grande pubblico sa molto poco. Nato 54 anni fa nel Foggiano, a Volturara Appula, si è laureato alla Sapienza di Roma nel 1988, e dopo aver approfondito i suoi studi all’estero (da Yale a Vienna, da Parigi a Cambridge) e aver insegnato a Roma, Malta e Sassari, adesso è titolare di una cattedra di diritto privato all’Università di Firenze, materia che insegna anche alla Luiss di Roma. Oltre a sedere nel consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, Conte è avvocato cassazionista e si occupa, soprattutto, di diritto civile e commerciale, ed è considerato uno specialista in materia di arbitrati. Il suo profilo sarebbe gradito tanto ai Cinque Stelle - che appunto l’avevano già «nominato» nel governo-alba - quanto alla Lega. Eppure, come si diceva all’inizio, il professore fiorentino di adozione ha una curiosa medaglia nel curriculum, che non sembra andare d’accordo con le due parti che intendono governare il Paese. Conte, infatti, sarebbe uno stretto amico di Maria Elena Boschi. Proprio lei, l’ex ministro delle Riforme renziana, e poi sottosegretario alla presidenza con Gentiloni, che più volte è stata additata proprio da Carroccio e M5s come regista occulta nel salvataggio delle banche - in particolare per banca Etruria - e nella gran fregatura riservata ai risparmiatori rimasti col cerino in mano. Possibile che il premier del nuovo governo sia proprio un amico dell’«odiatissima» Meb?