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 2018  aprile 15 Domenica calendario

Prove, filmati e intelligence. Cosa sappiamo dei raid chimici?

I servizi francesi si basano su due categorie di fonti: foto e video apparsi su siti specializzati e nei social media, e informazioni ottenute direttamente dall’intelligence. 
Nel documento di «valutazione nazionale sull’attacco di sabato 7 aprile a Douma, nella Ghouta orientale» diffuso ieri dal Quai d’Orsay (il ministero degli Affari esteri), i fatti riportati sono una serie di bombardamenti che hanno provocato la morte di almeno una quarantina di persone e l’afflusso di un centinaio di pazienti negli ospedali, con sintomi evidenti di esposizione a un agente chimico: difficoltà respiratorie, ipersalivazione e ipersecrezioni orali e nasali, cianosi (la pelle che diventa bluastra), bruciature cutanee e bruciature della cornea.
Gli esperti francesi hanno analizzato le immagini relative agli ospedali e a un palazzo dove in particolare sono morte circa quindici persone. «Non è visibile alcun decesso per effetto meccanico – si legge nel rapporto —. L’insieme dei sintomi è caratteristico di un attacco chimico, attuato in particolare con agenti soffocanti e composti organo-fosforici o con acido cianidrico». 
Il documento cita testimonianze di organizzazioni non governative mediche giudicate «abitualmente affidabili»: la Syrian American Medical Society e la Union of Medical Care and Relief Organizations. «La grande maggioranza dei video e delle fotografie sono di fattura recente e non sono il frutto di una manipolazione», giudicata oltretutto al di là delle capacità dei gruppi anti-governativi presenti nella Ghouta. 
Sul fatto che l’attacco chimico sia stato effettuato dal regime di Assad, secondo il documento del Quai d’Orsay «informazioni affidabili indicano che responsabili militari siriani hanno coordinato l’utilizzo di armi chimiche contenenti cloro a Douma il 7 aprile 2018». Quanto alla tesi di un attacco auto-inflitto a fini di propaganda, «i servizi non dispongono di alcuna informazione che possa supportarla». 
Dopo l’attacco chimico accertato del 21 agosto 2013, quello al gas sarin di Khan Cheikoun del 4 aprile 2017 provocò una prima risposta degli Stati Uniti. Da allora sono stati denunciati 44 episodi, e i servizi sono certi della natura chimica di almeno 11 attacchi. 
Infine, sul perché usare l’arma chimica: da un punto di vista tattico, i combattenti nemici vengono snidati dalle abitazioni e possono essere affrontati in campo aperto; da un punto di vista strategico, l’obiettivo è punire i civili per l’appoggio vero o presunto fornito ai ribelli, e convincere questi ultimi ad arrendersi. Una strategia che funziona: i due gruppi Ahrar al-Cham e Failaq al-Rahmane avevano già concluso un accordo con il regime, deponendo le armi; restava una parte di Jaish al-Islam, circa 5.000 uomini armati. Dopo il 7 aprile, anche loro si sono arresi.