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 2018  marzo 17 Sabato calendario

La giustizia giusta di Abdul Pedram

Abdul Wadood Pedram, fondatore a Kabul della «Human Rights and Eradication of Violence Organization», sogna un processo di Norimberga afghano. Vorrebbe vedere sul banco degli imputati chi ha seminato morte e terrore nel suo Paese: i talebani, l’Isis, la rete Haqqani. Senza dimenticare l’esercito e la coalizione internazionale, perché a pagare il prezzo delle guerre (e dei loro errori) sono sempre i civili innocenti. In effetti, comunque la si pensi su un intervento diventato anche un difficile appoggio alla ricostruzione, la giustizia internazionale ha un senso solo se esamina i fatti e ne accerta in modo imparziale le responsabilità. E bisogna fare presto. Non si deve sottovalutare il pericolo che la proposta di pace rivolta agli «studenti di Dio» dal presidente Ashraf Ghani, ha detto Pedram a El País, «possa seppellire tutti i delitti commessi». 
  Alla Corte penale internazionale dell’Aia sono state depositate le denunce, da lui raccolte, riguardanti circa 800 casi di crimini di guerra che hanno coinvolto 1,7 milioni di cittadini afghani: massacri, uccisioni, attentati suicidi, esecuzioni extragiudiziarie. Il Tribunale – nato nel 2002 con la ratifica da parte di sessanta Paesi dello «Statuto di Roma» (ora sono 123) – dovrà stabilire se iniziare le indagini. Pedram ritiene che tutto questo sia indispensabile anche per mettere fine all’impunità esistente. «Il nostro sistema – osserva – non assicura giustizia né alle vittime né ai familiari». 
  Tra i tanti afghani che si sono rivolti alla Corte c’è un giovane, Hussain Razaee. In luglio i talebani hanno compiuto un attentato suicida contro un pullman che trasportava gli impiegati del ministero delle Miniere. Su quell’autobus, insieme ad altre trenta persone – tutte morte – c’era Najiba, la sua fidanzata. Seguendo il destino rovesciato dell’uomo che quel giorno guidava un’automobile imbottita di esplosivo, Hussain aveva pensato di uccidersi. Accecato dal fanatismo religioso, l’assassino sa perché lo ha fatto, mentre lui, invece, non sa ancora perché non lo ha fatto. «Ho perso la persona che amavo», ha detto alla Associated Press. Gli sono rimaste solo queste sei parole. Di loro, e di molti altri come loro, si sta occupando Pedram. Il filo non è nascosto.