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 2018  marzo 17 Sabato calendario

Rosmarino e gigli selvatici. Torna all’antico la siepe dell’Infinito di Leopardi

«La siepe? L’abbasseremo soltanto un po’: non c’è bisogno di aggiungere teatralità al cespuglio più metafisico del mondo”. Il paesaggista Paolo Pejrone lo dice con l’emozione di chi sta ridisegnando non un semplice giardino, ma un luogo dell’anima: il Colle dell’Infinito, ispiratore dell’omonima poesia composta da Leopardi che sta per compiere 200 anni esatti. Ed è proprio per restituire alla bellezza originale l’Orto delle Monache da cui, nelle sue passeggiate, il poeta di Recanati traeva ispirazione, che il Fai (Fondo Ambiente Italiano) in accordo con il Comune, ha deciso di affidarne il recupero a Pejrone, che nel suo curriculum vanta anche il restyling dei giardini del Vaticano.
Il suo compito, come ha rivelato due giorni fa partecipando alla presentazione delle XXVI giornate Fai di primavera, si è risolto più nel togliere che nell’aggiungere, come insegnava Le Corbusier. Cancellare e conservare per giungere all’essenziale. Un «less is more» che doveva rispondere ad una condizione, però: alleggerire e disboscare (la vegetazione si era accumulata sino a diventare foresta), ma badando bene, trattandosi di area vincolata, di destinare i reperti eliminati con un qualche valore storico nei depositi comunali di Recanati.
L’obiettivo dell’architetto-giardiniere era di tipo maieutico: vale a dire restituire al cuore del Colle dell’Infinito la sua autenticità «un po’ anarchica, fatta di piante antiche e povere, come i cespugli di rosmarino e i gigli selvatici», eliminando le stridenti stratificazioni di modernità accumulatesi negli anni «come le statue e il Gesù Cristo o la crescita caotica di piante come il pitosforo, che abbiamo eliminato creando una serie di orti semplici: un’arcadia campagnola che verrà presto, speriamo per il loro piacere, restituita ai recanatesi».
Uno dei punti più interessanti del progetto è proprio questo: in questo giardino assolato per dieci ore al giorno si stanno ricavando piccoli appezzamenti la cui manutenzione verrà assegnata a volontari di Recanati amanti di zappa e rastrello. «Loro potranno dedicarsi al rapporto con la natura cullati dalla forza immensa di un luogo che predispone alla fuga della mente – conclude Pejrone – al di qua di quella siepe che schiude spazi senza limite e sovrumani silenzi».
Oggi il giardino, «tornato scarno, essenziale e privo di ogni artificiosa spettacolarità», come auspicava il vice-presidente esecutivo del Fai Marco Magnifico sin dall’assegnazione del lavoro, è costellato di piante, muretti e prati sarà fruibile dal pubblico tramite il viottolo percorso due secoli fa, quasi ogni giorno, da Leopardi. «L’obiettivo è offrire a tutti coloro che si troveranno in quel luogo – spiega ancora Magnifico – la condizione di immergersi nelle sensazioni del poeta
La prima parte dei giardini, valorizzati grazie ad un accordo, oltre che con il Comune di Recanati e il Fai, con il Centro Nazionale di Studi Leopardiani e il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, saranno pronti fra pochi mesi. Presto, poi, questo luogo di contemplazione unico al mondo, si doterà anche di quelle panchine che finora erano soltanto un miraggio dei turisti. Il paesaggista Peyrone si è preoccupato anche dell’ombra che non c’è, tagliando piante malate e pericolanti, e piantandone altre, creando frutteti e pergole, disegnando vialetti in terra battuta e ghiaia color crema. Ma la prima tappa di avvicinamento ai festeggiamenti per i 200 anni della composizione dell’Infinito (1818-1819) è prevista per la metà di aprile, con la fine dei lavori affidati dal Comune allo scenografo Dante Ferretti che riguardano parte della nuova illuminazione del parco che comprende il muro con la scritta «Sempre caro mi fu quest’ermo colle». Nelle ultime settimane le piogge intense hanno un po’ fermato i lavori, ma dopo Pasqua a Recanati sono certi che i turisti cominceranno a intravedere un bel risultato che si concluderà nel 2019. Ad opera ultimata è prevista l’introduzione di un biglietto d’ingresso per l’Orto (che comprenderà un percorso di approfondimento della figura di Leopardi e della sua poetica) il cui ricavato servirebbe a mantenere in ordine quei giardini in grado di offrire un esercizio di spiritualità che è patrimonio di tutti, non solo di un paesaggio che due secoli fa diventò una delle poesie più celebri al mondo.