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 2018  marzo 17 Sabato calendario

La web tax mondiale arriverà non prima del 2020

Una tassazione comune per le multinazionali del web è «urgente», ma per qualche risultato definitivo bisognerà attendere almeno il 2020. Nel frattempo però si può cominciare a lavorare sulle «ricadute fiscali» di criptovalute e tecnologie Blockchain.
Nella contraddizione tra fretta dichiarata e calendario disteso si riflette il mancato accordo fra i Paesi dell’Ocse sugli strumenti operativi per far passare davvero alla cassa l’economia digitale. A certificarlo è l’Interim Report che sarà lunedì e martedì prossimi al centro dei lavori del G20 finanziario di Buenos Aires. Dopo un confronto serrato, i 113 membri dell’Inclusive Framework non hanno potuto che prendere atto delle divergenze, che tra gli oppositori della “web tax mondiale” continuano a schierare colossi come gli Stati Uniti. «Gli Usa si oppongono fermamente alla proposta di alcuni Paesi di colpire le compagnie digitali», dice abbandonando le iniziali prudenze diplomatiche il segretario al tesoro Usa, Steven Mnuchin, perché «imporre altri fardelli fiscali può danneggiare la crescita». 
Lo sforzo più o meno coordinato sulla lotta internazionale a evasione ed elusione sta, comunque, producendo qualche risultato. Gli accordi per evitare l’erosione della base imponibile al centro dei protocolli Beps, secondo l’Ocse, hanno portato nei bilanci degli Stati Ue oltre 3 miliardi di euro. E anche dalla riforma fiscale Usa possono arrivare sviluppi importanti. Il riferimento è prima di tutto al Gilti, in pratica la versione Usa del Patent Box con un’aliquota del 12,5% sui redditi prodotti dalla vendita o dalla licenza di beni e servizi all’estero. Secondo il Report, la misura si candida a «far crescere il Tax Rate effettivo sui ricavi digitali oltreconfine delle multinazionali Usa». 
E nemmeno sulla tassazione digitale coordinata a livello internazionale tutto è perduto. Le opposizioni allungano i tempi, ma a Buenos Aires i ministri dell’Economia dei 20 Paesi più sviluppati lavoreranno su un “programma intermedio” comune che punta su due direttrici. La prima è lo sviluppo delle misure già avviate o in cantiere in alcuni Paesi e fondate soprattutto su forme di accisa sui servizi digitali. E il secondo è lo sviluppo dell’analisi dei Big Data, cioè proprio la materia prima della creazione di valore delle principali piattaforme Web. Lo sviluppo tecnologico che ha gonfiato il business dei big online con lo scambio di informazioni sugli utenti, di fatto, torna utile anche alle amministrazioni finanziarie con l’obiettivo di assicurare i passaggi fiscali su quel valore. Sul punto, l’Ocse annuncia lo sviluppo di una «cassetta degli attrezzi» operativa per le amministrazioni fiscali dei diversi Paesi e un nuovo esame delle conseguenze tributarie di cripto-valute e piattaforme Blockchain.
Ma l’agenda della prossima settimana sulle tasse digitali non guarda solo al vertice argentino. Mercoledì il consiglio europeo metterà ufficialmente nero su bianco la proposta di Web Tax comune, che dovrà poi andare al voto della commissione nei giorni immediatamente successivi. Al di là delle ipotesi di aliquota, che nelle anticipazioni di queste ore continuano a oscillare fra l’1 e il 5%, si punta a tassare le società con un fatturato annuo di almeno 750 milioni ed entrate tassabili generate nella Ue per almeno 50 milioni. Obiettivo di gettito almeno 5 miliardi.