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 2018  marzo 17 Sabato calendario

La Germania vulnerabile e la paura del risk sharing

Su immigrazione, sicurezza e difesa, competitività e investimenti in digitale, infrastrutture e innovazione, la Germania è pronta a spingere sull’acceleratore. Ma sul risk sharing, garanzia unica sui depositi, eurobond e Fme tira il freno e va al compromesso: back-stop al Fondo di risoluzione e MES più controllore ma senza fondi di ultima istanza. È una Germania indebolita quella che ieri è tornata a sedersi al tavolo con la Francia su come riformare e rafforzare l’Unione europea con un “nuovo” impulso, ambizioso per l’alta priorità di facciata (le prime cinque pagine dell’accordo GroKo) ma scarsi dettagli nei contenuti. Nonostante il “boom economico”, crescita al 2,3% e piena occupazione, nonostante i 46 miliardi record di maggiore spesa pubblica previsti nei prossimi quattro anni e il più grande surplus commerciale al mondo, la Germania si sente vulnerabile, puntata dal mirino di Donald Trump: è il Paese europeo che rischia i maggiori danni, in termini di Pil ed occupazione, dovesse scatenarsi una guerra commerciale con dazi più alti. Il neoministro dell’Economia Peter Altmaier questa domenica sarà negli Usa ma la Germania non può vedersela da sola, la sua posizione verso gli Usa passerà attraverso quella dell’Europa. E qualcosa in cambio per questo Berlino dovrà dare ai suoi partners. 
Anche la GroKo che si è appena insediata, la terza tra Cdu-Csu e Spd, è la più debole di tutte, perchè i tre partiti devono riprendersi dal loro peggior risultato elettorale dal Dopoguerra e l’ingresso in Parlamento dell’estremismo di Alternative für Deutschland. La vittoria degli euroscettici in Italia aggrava le preoccupazioni di Berlino nella deriva populista e nazionalista. Il rito del primo viaggio all’estero in Francia del nuovo Governo tedesco è stato rispettato ma non è la stessa Angela Merkel quella arriva ieri a Parigi: per la quarta volta cancelliera, è reduce dal basso gradimento al Bundestag mentre in casa fanno già notizia le dichiarazioni poco diplomatiche dei neoministri dell’Interno, leader della Csu Horst Seehofer, e della sanità Jens Spahn (ala destra della Cdu). Intanto il socialdemocratico poco a sinistra Olaf Scholz, per la prima volta ministro delle Finanze e ieri al dialogo con Bruno Le Maire, è noto in Germania più per il suo pragmatismo che il suo europeismo e c’è da aspettarsi che soppeserà le riforme europee in relazione all’alto debito pubblico di un’Italia in stallo politico, 2.200 miliardi che da sempre angosciano i contribuenti tedeschi.  
Questa Germania, che vuole sedere al posto di guida vicino a Macron in Europa è pronta a portare avanti grandi progetti paneuropei con una spesa comune per comuni benefici su immigrazione, sicurezza, difesa dei 14.000 chilometri di confini, competitività con più investimenti in digitale, infrastrutture, innovazione, clima anche in chiave anti-Brexit. Ma dopo lo scossone delle elezioni italiane, la Germania non può che mettere una pietra sopra il risk sharing. Improponibile all’elettorato tedesco – ora più che mai- qualsiasi forma di condivisione di rischi e debiti. Sull’Unione bancaria, se si dovrà rinunciare al disco verde tedesco sulla garanzia unica dei depositi, si sta già lavorando al compromesso: il back-stop al Fondo di risoluzione unico che oltre alla dote da 55 miliardi (a carico delle banche con versamenti fino al 2023) potrà attingere a un prestito (rimborsato dalle banche) da 55 miliardi erogato dal Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). E poi, invece di creare gli eurobond o un fondo-budget europeo prestatore di ultima istanza, si sta imbastendo il potenziamento del MES (non Fondo monetario europeo sgradito a Bce e Fmi)con una nuova funzione esercitata ex-ante di controllore su sostenibilità del debito pubblico, stabilità finanziaria e accesso al mercato: tre aree complementari alla supervisione sul rispetto del Patto di Stabilità e Crescita compito della Commissione europea. Commissione e Mes agiranno in tandem, per prevenire le crisi del debito sovrano. «La Germania procederà passo dopo passo», prevede Josef Janning, responsabile a Berlino dell’European Council on Foreign Relations.