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 2018  marzo 16 Venerdì calendario

Eppure il gas che ha avvelenato l’ex spia Skripal non porta direttamente al Cremlino

E se le accuse della Gran Bretagna alla Russia non fossero così probanti? Ci sono ancora molte ombre nella spy story “Skripal”. I britannici hanno individuato solo l’arma del delitto, una macro-categoria di agenti nervini usata per avvelenare l’ex agente doppio russo- britannico, Skripal, e la figlia. Hamish de Bretton-Gordon, esperto di armi chimiche per la Nato e i reparti britannici di guerra non convenzionale, sostiene che la sostanza sia stata sintetizzata a mille chilometri da Mosca, in un laboratorio di Shikhany, cittadina sulle sponde del Volga. Ma l’equazione fra arma del delitto e servizi russi non torna. Mancano prove tangibili sulla responsabilità del Cremlino e sugli autori materiali del crimine. 
Osserva l’ex 007 francese Alain Rodier che del nervino Novichok esiste almeno un centinaio di varianti, sintetizzate soprattutto in Uzbekistan sotto l’Impero La sostanza è binaria, acquista letalità solo se mescolata. È del tutto innocua con i precursori separati, che in questa forma hanno una durata di vita enorme. Possono essere stoccati a lungo e facilmente trasportati, impiegabili come polvere bianca molto fine. E allora? Quando implose l’Unione Sovietica, nel 1991, i controlli sui laboratori saltarono. I Paesi successori dell’Impero finirono nel caos, eccezion fatta per i baltici. C’era chi fece affari sul mercato nero delle armi, anche per sopravvivere e riciclarsi. Tanto più che si “liberarono” sul mercato nero cervelli, tecnologie e arsenali di aggressivi.
Al programma sovietico di armi “segrete” lavoravano 60mila scienziati e tecnici. Alcuni si rifugiarono in Iran e altrove, altri furono trattenuti in patria da un programma di ricerche civili, finanziato troppo tardivamente dall’Occidente. La sola falla uzbeka sarebbe stata tappata non prima sovietico. del 1999. Nessuno può escludere che i Novichok abbiano continuato ad essere prodotti illegalmente e venduti a stock, per finire in mani non affidabili, attraverso piattaforme girevoli, società di comodo, fatture contraffatte e grosse somme di denaro, con la complicità delle mafie russe e di militari d’alto rango. Oggi la sostanza incriminata non è un arcano.
La sua formula non è un segreto di Stato. È disponibile pubblicamente da almeno dieci anni. Certo, servono competenze e reattori chimici ad hoc per sintetizzarla, ma con la diffusione delle nanotecnologie, delle simulazioni informatiche e dell’aiuto di esperti può essere anche riprodotta con grandi precauzioni di sicurezza, tanto più che i precursori finiti nel tritacarne mediatico non sono ancora proibiti dalla Convenzione internazionale sulla messa al bando delle armi chimiche.
Qualcosa potrebbe non tornare nemmeno nel modus operandi che Londra imputa a Mosca. Quando vogliono uccidere, i servizi segreti usano metodi più repentini. Non coinvolgono altri. Non lasciano tracce né testimoni scomodi. Il Novichok è molto lento nell’agire, poco funzionale. Altra incongruenza. Perché coinvolgere la figlia di Skripal e un poliziotto, entrambi estranei alla faccenda? Poteva essere scelto un altro scenario, un’altra arma e un qualsiasi altro momento. Non sotto elezioni in Russia.
Suona poi strano che Mosca abbia violato una regola tacita dell’intelligence. Skripal risiedeva in Gran Bretagna nell’ambito di un vecchio scambio di agenti segreti fra il Regno Unito e la Russia. Quando ci si consegna le spie, non si ci si mette sulle loro tracce per eliminarle. Si comprometterebbero gli scambi futuri. Non funziona così nella storia della guerra segreta. Il caso Skripal potrebbe essere più intricato di quanto apparso finora.