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 2018  marzo 16 Venerdì calendario

«Vi racconto la verità su Tonya». Intervista a Margot Robbie

A soli 27 anni Margot Robbie si ritrova nella lista, compilata dalla rivista Time, delle 100 persone più influenti del mondo. Libera, anticonformista, spericolata, tenuta a battesimo nel 2013 da Leonardo DiCaprio (era la moglie hot nel film Il lupo di Wall Street), l’attrice australiana non è l’ultima meteora bionda sfornata da Hollywood ma sta macinando una carriera di primo piano: in attesa di girare con Tarantino Once Upon a Time in Hollywood nel ruolo di Sharon Tate, la compagna di Polanski trucidata da Manson nel 1969, Margot ha sfiorato l’Oscar per Tonya, il film di Craig Gillespie (lanciato alla Festa di Roma, esce il 29 con Lucky Red) in cui interpreta la pattinatrice olimpionica Tonya Harding accusata nel 1994 di aver fatto spezzare le gambe alla rivale Nancy Kerrigan.
La statuetta l’ha vinta, come migliore non protagonista, la formidabile Allison Janney nel ruolo della madre manipolatrice e senza cuore di Tonya. Ma per Margot, testimonial di Chanel, il film ha rappresentato una sfida. Non solo perché l’ha anche prodotto. Tonya descrive l’America di provincia brutale e violenta in cui la Harding, radiata dallo sport e finita in miseria dopo lo scandalo, crebbe in una famiglia disastrata: abbandonata da piccola dal padre che le aveva insegnato a sparare ai conigli, vessata dalla madre, picchiata dal marito, la giovane vedeva nel pattinaggio l’unico riscatto al suo destino bastardo. Robbie (che ha imparato a danzare sul ghiaccio ma esegue le acrobazie più ardite con l’aiuto degli effetti speciali) le restituisce determinazione, talento, rabbia.
Cosa l’ha spinta a raccontare questa storia che negli anni Novanta infiammò l’opinione pubblica?
«A dire la verità non la conoscevo, ma quando ho letto la sceneggiatura sono rimasta senza fiato: avvincente, popolata di personaggi incredibili, aveva un tono tragico, assurdo ma anche divertente. Dovevo assolutamente realizzare il film per raccontare il caso da un’altra prospettiva: la verità di Tonya, una ragazza trasformata dalla stampa in un mostro».
E la Harding come ha reagito?
«All’inizio ero molto nervosa, lo ammetto. Non sapevo cosa avrebbe detto o fatto rivedendo i momenti più traumatici della sua vita raccontati da noi, dei perfetti estranei. Ma poi è stata fantastica. Ha capito le nostre scelte, pur non condividendole tutte. E con me è stata adorabile: era più preoccupata per il mio lavoro che per la propria immagine e si è offerta perfino di allenarmi».
Nel film, Tonya deve confrontarsi con le conseguenze negative della notorietà, come l’invadenza dei media: lei, Margot, riesce a gestire la sua condizione di star?
«È una delle prime cose che mi ha chiesto preoccupata la stessa Harding. A differenza di lei, sola contro un sistema pronto a farne un’icona a soli 15 anni e poi a travolgerla, io ho intorno a me una formidabile rete di supporto: la famiglia, i manager, gli agenti, gli avvocati. Grazie ai loro consigli, niente rischia di sfociare nel dramma. E, quando mi agito, sono tutti pronti a ricordarmi che giro solo dei film, non salvo vite umane».
Nel suo futuro ci sono Suicide Squad 2, il thriller in cui tonerà ad essere la sexy psicologa Harley Quinn, e Mary Queen of Scots in cui interpreterà la regina Elisabetta I. Cosa domanda oggi alla sua carriera?
«Amo interpretare donne di carattere, che prendono in mano il proprio destino. Per fortuna, in sintonia con le lotte per la parità, Hollywood punta sempre più spesso sui film che hanno protagoniste femminili».
Un’attrice, secondo lei, ha l’obbligo di parlare delle molestie subìte?
«Da una parte, chi fa il mio lavoro ha la grande opportunità di denunciare. Dall’altra, ha la responsabilità di gestire le cose appropriatamente, in modo da ricavare un risvolto positivo da una situazione orribile. È una scelta individuale. Ma uscire allo scoperto è molto più complicato di quello che sembra, perciò non giudico chi non se la sente mentre auguro alle donne che parlano di venire supportate al 100 per cento».
Che infanzia ha avuto e perché ha deciso di fare l’attrice?
«Sono cresciuta all’aria aperta nella campagna australiana, a tu per tu con gli animali. Ho praticato mille sport, a cominciare dal surf. Fino a una certa età ignoravo le frivolezze femminili... Poi ho scelto il cinema per mettermi alla prova e vivere tante vite diverse».
Dica la verità, progetta il salto nella regia?
«Certo, un giorno passerò dietro la macchina da presa. Ma non prima di un paio d’anni. Devo ancora imparare molte cose sulla produzione. Fare la regia è un privilegio ma, per ora, non credo di meritarlo».