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 2018  marzo 16 Venerdì calendario

Elliott sfratta i francesi da Tim. Vuole Conti, Sabelli e Gubitosi

Milano La mossa non punta dritta all’amministratore delegato del gruppo, Amos Genish, la cui nomina deve ancora superare il vaglio dell’assemblea, ma agli uomini che più rappresentano Vivendi in Telecom. Il fondo Elliott, conosciuto in Italia per il suo prestito da 300 milioni al Milan, ha chiesto con una lettera indirizzata alla società di Tlc di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea che si terrà il prossimo 24 aprile. Il nuovo punto prevede la revoca di sei amministratori e la nomina di altrettanti sostituti.
Secondo gli americani, il primo a fare le valigie deve essere Arnaud de Puyfontaine ( che ha lasciato trapelare la disponibilità a fare un passo indietro, ma a tempo), perché oltre a essere il presidente di Telecom è anche l’ad di Vivendi, la società di Bolloré primo socio di Tim col 23,94% del capitale. Con lui se ne dovrebbero andare altri due manager del gruppo francese, Hervé Philippe e Frédéric Crépin, e il vice presidente Giuseppe Recchi, schieratosi con Vivendi nonostante la revoca delle deleghe e la defenestrazione dell’amministratore delegato con cui aveva guidato il gruppo, Flavio Cattaneo. A Elliott non piacciono nemmeno Félicité Herzog, la cui indipendenza è minata da un rapporto di consulenza con il gruppo francese, e Anna Jones, indipendente, ma colpevole di essere stata eletta da Vivendi.
Per sostituirli il fondo non ha però pensato a paladini degli azionisti di minoranza o a campioni della corporate governance, ma ha schierato una serie di manager da para-stato in grado, forse, per le loro relazioni, di risolvere le molteplici grane del gruppo in Italia, come la questione Rete. Sono Fulvio Conti, ex ad di Enel con un passato in Telecom, Luigi Gubitosi, ex Rai e Alitalia, ma soprattutto ex Wind, e Rocco Sabelli già in Eni, Alitalia e nella Telecom di Colaninno, contro cui nel 2001 il fondo Liverpool, guidato da Gordon Singer, figlio di Paul, patron di Elliott, si era schierato per la conversione delle risparmio. Tutti e tre conoscono le reti di Enel e di Telecom e aiuterebbero la società ad attuare un’idea fissa di Elliott: scorporare la rete, magari fonderla con Open Fiber di Enel, e quotarla in Borsa. Un progetto, tra l’altro, che piace alla politica italiana. Gli altri tre nomi sono Paola Giannotti De Ponti, oggi membro del consiglio di Ubi e conosciuta da Elliott in Ansaldo Sts, il banchiere d’affari Dante Roscini e infine Massimo Ferrari, ex Consob, ex Capitalia, oggi in Impregilo.
Per vincere, Elliott deve arrivare all’assemblea con voti a sufficienza per superare il 23,94% dei francesi. Al momento, sparse tra le Bermuda e le Cayman, Singer padre e figlio hanno poco più del 2,5% di Telecom. Con 35 miliardi in gestione, però, soldi per salire ulteriormente non mancano, anche se la volontà è di non superare il 5%, la soglia che potrebbe azionare il golden power del governo. Con il loro “manifesto”, invece, depositato ieri sera in Consob, vogliono convincere altri fondi ad appoggiarli. La promessa latente è di far fare più soldi a tutti, oltre che con lo scorporo della rete, con un dividendo subito e, questa volta sì, con la conversione delle risparmio. Nel frattempo un po’ di turbolenza non guasta. L’ultima, con l’ingresso di Vivendi, aveva portato il titolo a 1,2 euro. Oggi è salito del 2,8% a 0,8 euro.