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 2018  marzo 16 Venerdì calendario

Salvini sfida Berlusconi. «Seguitemi sui 5Stelle» E il centrodestra vacilla

Roma Dieci giorni dal voto e il motore della gioiosa macchina del centrodestra rischia già di incepparsi. La coalizione vacilla sotto il peso dell’accordo che Salvini vuole chiudere a tutti i costi coi Cinque Stelle. Sulla presidenza delle Camere, intanto, poi sul resto. Berlusconi e Meloni dall’altro lato si ostinano a rifiutare. Lo scontro tocca il suo apice durante il faccia a faccia a Palazzo Grazioli di mercoledì sera. Un affare a quattr’occhi ( e senza Meloni) tra il padrone di casa e il leader leghista che sarebbe dovuto restare riservato.
Salvini ha appena telefonato a Luigi Di Maio e, a seguire, a Maurizio Martina e Pietro Grasso. «Silvio, nell’accordo con i Cinque Stelle sulle presidenze devi starci anche tu, loro chiedono la Camera e noi possiamo puntare sul Senato – ha esordito il segretario – Poi sul resto vedremo, una cosa per volta». Berlusconi non perde le staffe, raccontano, ma è irremovibile: «Io con quelli non voglio trattare. Dammi retta: dovremmo lavorare per aprire al Pd, per cercare di coinvolgerlo sulle Camere». Per il leghista è un capitolo chiuso: «I perdenti per me devono restare fuori da tutto». È a quel punto che l’ex premier si inalbera: «Ti stai muovendo da leader della Lega, non della coalizione, non puoi fare l’accordo con Di Maio per spartirvi le Camere: Montecitorio a loro e Palazzo Madama a voi». Il Carroccio deve fare un passo indietro, a sentire Berlusconi, che non fa mistero di puntare su una pedina come il capogruppo forzista Paolo Romani che potrebbe raccogliere, quella sì, il consenso dei democratici. Ma è altrettanto noto che per il ramo del Parlamento nel quale adesso andrà a sedere, Salvini vuole un suo uomo: «Siamo il primo partito del centrodestra». Anche se l’unica candidatura in pista, quella di Roberto Calderoli, non gli fa fare salti di gioia. Tant’è che – dopo i colloqui di ieri tra i capigruppo del M5S col leghista Giancarlo Giorgetti e col forzista Renato Brunetta, inizia a circolare anche il nome dell’outsider Giulia Bongiorno. Neo senatrice, avvocato di fama, ma pur sempre palermitana e appena approdata alle sponde leghiste (e non certo cara a Berlusconi).
La trattativa si arena nel momento in cui i due stanno per salutarsi a tarda sera e il Cavaliere sulla porta di Palazzo Grazioli lancia una sorta di ultimatum all’ospite Matteo: «Sono disposto a fare un governo di centrodestra con qualunque premier, anche tu se ci riesci, ma al più col sostegno esterno dei Cinque Stelle su singoli provvedimenti, ma nessuna alleanza organica». Di loro non si fida, lo ripete, non potrà mai ottenere le uniche garanzie che gli interessino: la rinuncia a qualsiasi intervento sull’assetto radiotelevisivo e a legiferare sul conflitto di interessi, come più volte hanno minacciato. E siccome l’alleato leghista non può garantire per loro, il disco verde forzista non potrà mai scattare.
Risultato? «Il centrodestra si è presentato in ordine sparso, non con un unico interlocutore», fanno notare i capogruppo M5S Toninelli e Grillo al termine del primo giro di consultazioni. Salvini parla da Modena, prima tappa del tour del “ringraziamento”, e minimizza. «Io? Parlo a nome del centrodestra, non solo della Lega. Silvio? L’ho visto, non era arrabbiato, fa parte della squadra». Uno della squadra, la sua, sottinteso. Ma l’aspirante premier si ritrova in un cul de sac. Se rompesse coi forzisti per stringere il patto col M5S avrebbe anche i numeri per governare, lo sa, ma si ritroverebbe leader di un partito del 17% e non di una coalizione del 37: portatore d’acqua. E se davvero si tornasse al voto in tempi brevi, addio sogni di gloria. Mentre Berlusconi già sogna di rilanciarsi alle Europee 2019 quando sarà riabilitato e di nuovo candidabile.
Quando Renato Brunetta lascia l’incontro con Toninelli e Grillo è furente. «Da questo momento ognuno tratta per sé, dato che Salvini sta curando gli interessi della Lega: o riconosciamo dentro il centrodestra pari dignità e collegialità oppure qui salta tutto». La carta Romani ( Fi), resta sullo sfondo, con qualche chance al Senato. Giorgia Meloni sente Berlusconi, si consulta anche lei coi grillini, riferisce ai suoi La Russa e Rampelli, ma quel che conta è lo sfogo: «Ormai è chiaro. Salvini vuole la presidenza del Senato, andare all’opposizione e da lì conquistare il centrodestra. Fare il governo col centrodestra è l’ultimo dei suoi pensieri».