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 2018  marzo 16 Venerdì calendario

Toys in bancarotta, chiude negli Stati Uniti il negozio di giocattoli

Hanno ucciso la Giraffa Geoffrey, e chi è stato lo si sa: i maghi dei debiti hanno affondato con un macigno da 5 miliardi di dollari la catena di giocattoli più grande del mondo (e la sua mascotte): «Toys R Us» chiude i suoi 885 negozi sparsi per l’America. Ce ne sono altrettanti con lo stesso marchio in 35 Paesi (dalla Francia all’Australia) e non navigano sempre in buone acque. Il destino della «casa madre» è stato annunciato ieri dal gran capo David Brandon con una lettera «profondamente triste»: 70 anni di storia, 30 mila posti di lavoro in soffitta. E 30 giorni per l’assalto finale. 
Un brutto spettacolo naturale: la corsa ai saldi per fine esercizio. Sbrigarsi con le carte di debito prima che vengano bloccate, raccomandano i consulenti allo shopping. Si blocca la storia straordinaria di un negozio di mobili che alla fine della Seconda guerra mondiale, nell’America della pace e del baby boom, apre un «Toys Supermarket» nel New Jersey con il signor Charles Lazarus alla guida e i bambini come primi consumatori. 
L’impero con la R disegnata al contrario fagocita i negozietti. «I giocattoli siamo noi». Ascesa e caduta di grandi catene «mono-prodotto», in gergo «category killer». Come la parabola di Borders per i libri. Per «Toys R Us» però l’avvento del mercato online conta fino a un certo punto. Il gigante dei giocattoli era già in crisi nel 2005: i suoi titoli in Borsa erano «spazzatura» quando Amazon era al 4% del suo mercato attuale. Un anno dopo, arrivano i maghi del «private equity»: Kkr, Bain Capital. Comprano per 6,6 miliardi di dollari, ma lasciano in pancia alla Giraffa Geoffrey un conto da 5 miliardi. Un peso mai più digerito.
Ci sono 400 milioni di interessi ogni anno da pagare al minotauro del debito. Più grande del tirannosauro di plastica piazzato nel megastore in Times Square a New York, con una Barbie alta due piani che attira clienti. Mentre i grandi magazzini rubano fette di mercato, nel 2015 «i maghi» chiudono il negozio di Times Square. I topi scappano dalla nave. L’anno scorso costruttori come Mattel e Hasbro hanno smerciato giocattoli per un miliardo di dollari dagli scaffali di Walmart, il doppio rispetto a quelli venduti in tutti i 885 negozi Toys R. Certo, lo shopping online ci mette del suo. Lo scorso autunno mister Brandon annuncia la bancarotta, che doveva permettere di investire 65 milioni, per aggiungere aree gioco nei negozi e organizzare feste di compleanno. Ma la stagione natalizia (quando si vende il 40% dei giocattoli) non va bene. A gennaio si annuncia la chiusura di 182 store negli Usa, a cui seguono 75 in Gran Bretagna. Via alle svendite: il gigante Mga Entertainment è interessato a comprare la «zampa» canadese del gigante KO (82 negozi) e forse altri 400 negli States. I consumatori aspettano i saldi: dal 25% a salire. Per le carte regalo c’è tempo un mese. Si estingue la leggenda della Giraffa G, impagliata di debiti come i peluche di Fao Schwarz, tempio ludico sulla Quinta Avenue: rilevato da Toys R nel 2013 e chiuso due anni dopo per risparmiare.