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 2018  marzo 15 Giovedì calendario

Franco Maresco: «La simbiosi cinema-mafia? È un’ipocrisia scoprirlo ora»

L’ennesimo, ossia il settimo, interprete di Gomorra arrestato: Salvatore Russo, ora accusato di dirigere una piazza di spaccio a Scampia, nel film di Matteo Garrone del 2008 sparava a dei ragazzini muniti di giubbotto antiproiettile per testarne il coraggio. Sempre Gomorra, ma la serie: ai vertici di un’organizzazione internazionale di traffico di stupefacenti sgominata a Pavia una donna che emulava Imma, la moglie del boss Pietro Savastano incarnata da Maria Pia Calzone. Notizie? Non per Franco Maresco: “Ma io sono basito, ma io ne ho pieni i coglioni. Ma che è questa ipocrisia, quest’antimafia con la coda di paglia, plasticosa, che cos’è?”.
Talento non riconciliato del nostro cinema, regista prima con Daniele Ciprì (Lo Zio di Brooklyn, Totò che visse due volte) e poi in solitaria (Belluscone), non ci sta: “La mafia e il cinema vanno a braccetto? Sai che novità”.
Maresco, qual è il non problema?
Non ci si può stracciare le vesti, e nemmeno stupire. È almeno dalle origini del cinema sonoro, dal gangster movie, dallo Scarface di Howard Hawks, che dentro e dietro i set ci sono amici dei boss, come il nostro oriundo Al Capone. Penso ad attori quali George Raft o John Garfield, penso al Cotton Club e agli impresari di Louis Armstrong: tutti uomini legati a Cosa Nostra. Per tacere di Frank Sinatra, Dean Martin, Jerry Lewis e il protettore Sam Giancana.
Poi arriva Il Padrino.
Il Vangelo di Cosa Nostra, uno spartiacque, la Bibbia del mafioso, un riferimento antropologico, comportamentale. Quindi è il turno di Scorsese: è risaputo, per Casinò vennero impiegati dei mafiosi per consulenti, e si potrebbe continuare all’infinito.
Appunto, veniamo alla sua esperienza.
A cavallo tra anni 80 e 90 in Sicilia non esisteva film senza Enzo Castagna: con Ciprì gli dedicammo un cortometraggio nel 1999, Enzo, domani a Palermo!. Era il numero uno, anzi, l’unico come amava definirsi, nel gestire le comparse: dal Padrino ai film di Damiano Damiani e alle Piovre televisive, tutti passavano da lui. Finì in galera per rapina, oggi purtroppo è fottuto da un ictus, ma con i figli ha fatto il bello e il cattivo tempo sul set: gestiva gli uomini del quartiere Noce a Palermo, già caro a Totò Riina, portava le facce migliori, quelle più carognesche, quelle per cui un regista muore. Ed ecco il paradosso: proprio il cinema antimafioso si serviva di comparse che venivano da un brodo di coltura mafioso, dai quartieri più compromessi. E le produzioni romane lo sapevano bene.
Subivano?
Non solo, avevano innegabili vantaggi: Castagna risolveva i problemi, dai permessi in giù. Non sarebbe stato possibile altrimenti girare tra gli anni 70 e 80 allo Zen o a Borgo Nuovo. E anche dopo, Mery per sempre e Ragazzi fuori di Marco Risi, con i protagonisti presi dalla strada: li portava Castagna, e dopo il fuoco di paglia del cinema tornavano a spacciare. O finivano peggio.
Oggi qual è la situazione?
I centri per le comparse sono più in linea con una sensibilità antimafiosa, a presiederli sono ragazzi che hanno studiato al Centro Sperimentale, pulitini, sembra di stare in Erasmus. Problema, le facce giuste non le hanno: dunque, le si va a cercare altrove, ed ecco il caso Gomorra e via dicendo. Ma…
Ma?
Non è uno scandalo o se lo è c’è sempre stato. Ma Lucky Luciano che voleva a tutti i costi Rossellini per il film sulla sua vita ce lo siamo forse dimenticati? Mi fa incazzare questa ipocrisia, cinema e criminalità hanno sempre vissuto in simbiosi: scambio di modelli, mafiosi che impazzivano per attori, e ora vengono a romperci i coglioni, a dirci che tutto è alla deriva? Sono notizie fasulle, fake news come dite oggi.
Del suo prossimo film, invece, che ci dice?
Sto facendo il sequel di Belluscone. Seguito per modo di dire, sono ripartito con un’altra storia siciliana, stavolta insieme alla fotografa Letizia Battaglia, per ricordare i 25 anni dalla morte di Falcone e Borsellino: a che sono serviti questi cinque lustri? Sostanzialmente a nulla, sebbene lei provi a essere più ottimista e io tiri fuori il Gattopardo. Ripropongo la realtà di Palermo, riprendo il protagonista di Belluscone Ciccio Mirra che esce di galera e fa campagna elettorale, ritrovo Berlusconi e Miccichè che vincono le Regionali e, passando dalla richiesta di grazia a Mattarella per Dell’Utri, arrivo a queste Politiche.
Quando lo vediamo?
Spero di portarne una versione grezza ad Alberto Barbera, in tempo per la Mostra di Venezia.