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 2018  marzo 15 Giovedì calendario

Per Merkel un mandato in salita

Il Bundestag ha finalmente votato ieri il quarto mandato ad Angela Merkel ma con meno voti del previsto, 364 sui 399 a disposizione della Grande Coalizione, segno del dissenso che si è allargato nei ranghi dei due partner necessari, Cdu e Spd. La cancelliera, uscita indebolita dal voto del 24 settembre, l’ha spuntata dopo estenuanti trattative ma a prezzo di «dolorose concessioni» ai socialdemocratici, come ammise un mese fa presentando l’accordo. Il sacrificio più significativo per la Cdu ha il volto di Olaf Scholz, 59 anni, ex sindaco di Amburgo, pragmatico centrista con una lunga carriera nell’Spd, a tal punto con i piedi per terra da presentarsi in tenuta da running a uno dei colloqui per la GroKo.
Scholz che sarà vicecancelliere prenderà il posto alle Finanze che è stato per un decennio di Wolfgang Schäuble, il cristianodemocratico braccio destro di Merkel rimasto al ministero dal 2009 al settembre 2017 quando è diventato presidente del Parlamento. Nella Cdu e nel suo elettorato c’è apprensione: sono in molti a chiedersi se Scholz assicurerà al Paese il rigore fiscale garantito finora. Tenere stretti i cordoni della spesa pubblica è stata la priorità del parsimonioso Schäuble, in casa quanto in Europa. Poco importa che ponti, strade, infrastrutture digitali siano diventati per mancanza di investimenti uno dei problemi più rilevanti della ricca Germania. Né che Unione europea, Fmi e Stati Uniti abbiano richiamato più volte Berlino per i suoi squilibri macroeconomici (poca spesa, troppo surplus commerciale).
Grazie al predecessore di Scholz ora il “problema” per Angela Merkel e la sua squadra di Governo sarà come spendere i 46 miliardi di tesoretto accantonati in anni di risparmi. Data la preoccupazione che circonda il cambio al ministero, Scholz si è impeganto a mantenere la linea di Schäuble dello “Schwarze Null” che allude al pareggio di bilancio.
Ma per lui, politico navigato, con una precedente esperienza di governo federale come ministro del Lavoro dal 2007 al 2009, nel primo esecutivo Merkel, sarà impresa difficile tenere fede al pareggio. «Secondo calcoli fatti dal nostro istituto basati sull’accordo di coalizione lo Schwarze Null verrà ottenuto fino al 2020» dice Markus Demary, analista all’Institut der deutschen Wirtschaft (IW)di Colonia. «Il ministro dovrà poi gestire ampi deficit nel 2021 e 2022. Le spese più elevate arriveranno dalla prevista introduzione di una pensione per le madri, dalle uscite più cospicue per il budget della Ue in seguito alla Brexit, dalle misure per la promozione della famiglia, dagli investimenti nelle infrastrutture digitali, in istruzione e asili nido». Al programma di spesa, inoltre, si aggiungeranno entrate in calo, secondo IW, per i tagli progressivi all’imposta di solidarietà per l’Est e ai contributi per il fondo di disoccupazione. Oltre ai promessi sgravi per l’Irpef.
Nella città-Stato di Amburgo, del resto, il neo ministro delle Finanze è diventato popolare, tanto da rimanere in carica dal 2011, anche per le sue politiche di spesa infrastrutturale e per aver puntato su asili e scuole a tempo pieno (una spina nel fianco della scuola pubblica tedesca è la scarsa diffusione di questo tipo di offerta). Da premier-sindaco, ha detto nei giorni scorsi Andrea Nahles, nuovo leader dell’Spd, «ha saputo mixare con grande esperienza la disciplina fiscale con gli investimenti».
Se sul rigore fiscale domestico Scholz intende mantenere la continuità con l’era Schäuble (programmi di governo permettendo...) in Europa i toni potrebbero essere più concilianti con i Paesi dell’Eurozona in difficoltà. Il progetto di riforme verrà condiviso in primo luogo con la Francia di Emmanuel Macron e il ministro che Scholz incontrerà per primo potrebbe essere proprio il collega francese Bruno Le Maire. «L’Europa non è solo un’unione doganale. Deve sviluppare politiche comuni in politica estera, sicurezza, immigrazione, finanza ed economia» dichiarava Scholz a Die Welt a dicembre. Ma i paletti tedeschi sui temi più importanti, a cominciare dalla garanzia unica sui depositi, restano. «L’esitazione della Germania – osserva l’analista di IW – deriva dalla diversa distribuzione degli Npl nei Paesi europei. I tedeschi temono che questo schema più che una garanzia diventi una sorta di meccanismo di trasferimento». Il prossimo ministro spingerà, aggiunge Demary, per una soluzione europea di riduzione degli Npl prima di introdurre la garanzia unica.