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 2018  febbraio 22 Giovedì calendario

Banchieri furbi e pochi controlli. Ecco il «pacco» ai risparmiatori

Esce oggi, edito da Feltrinelli, “Il Pacco, indagine sul grande imbroglio delle banche italiane”, di Sergio Rizzo. Ne anticipiamo un brano sulla paradossale vicenda della Fondazione Monte dei Paschi: dopo una serie di scelte strategiche disastrose che l’hanno portata a perdere quasi del tutto la sua quota nella banca senese, la Fondazione fa causa a una serie di altri soggetti per presunti danni subiti.
Tre miliardi, 34 milioni, 79.456 euro e 71 centesimi. Più gli interessi. È il risarcimento danni che la Fondazione Monte dei Paschi pretende: nel più colossale groviglio di cause civili che mai tribunale italiano abbia affrontato. Dove, per un verso o per l’altro, sono coinvolti tutti (o quasi) i soggetti che avrebbero avuto un ruolo negli aumenti di capitale destinati ad affondare la cassaforte di Siena. Ci sono le banche e gli advisor italiani: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Imi, Mediobanca. Le banche d’affari internazionali: Bnp Paribas, Crédit Agricole Corporate and Investment Bank, Deutsche Bank, Natixis, Royal Bank of Scotland, Jp Morgan Chase, Barclays Bank, Goldman Sachs. E poi le assicurazioni: Generali, Ace European Group, gli assicuratori dei Lloyd’s di Londra. Fino alla carne viva, quella di dodici persone fisiche: tre consulenti e gli ex amministratori della Fondazione, a cominciare dal già presidente Mancini.
Insomma, un delirio sparso per mezzo mondo. Del quale chissà quando e come si verrà a capo.
Con una sorpresina, per giunta, spuntata un bel giorno di ottobre del 2015, mentre il frullatore delle cause legali con decine di studi ed eserciti di avvocati è già in piena azione. Due di quegli ex amministratori della Fondazione tirano infatti in ballo anche il ministero dell’Economia. I loro nomi, Paolo Fabbrini e Alessandro Piazzi. Il primo è un commercialista che è stato dirigente della Bnl e poi ha avuto una serie di incarichi nei Comuni toscani e in varie società pubbliche. È stato anche presidente del collegio sindacale di Mps Capital Services e infine consigliere della Fondazione.
Il secondo ha avuto in passato, fra i vari incarichi, un posto nel consiglio di amministrazione della Banca Toscana. Nel giugno del 2017 è stato riconfermato per iniziativa di Siena come amministratore delegato di Estra, la società energetica di Arezzo, Siena e Prato, e figura nell’elenco dei finanziatori del Pd senese.
La ragione per cui i due fanno causa al Tesoro? I compiti di vigilanza sulle fondazioni bancarie sono attribuiti al ministero dell’Economia, il quale è competente ad autorizzare le operazioni finanziarie effettuate da questi enti. Ora, si dà il caso che il medesimo ministero abbia dato sempre il proprio assenso alla partecipazione della Fondazione Montepaschi ai vari aumenti di capitale connessi all’operazione Antonveneta.
Ivi incluso quello per cui la Fondazione, intervenendo con 600 milioni presi in prestito dalle banche, si sarebbe indebitata oltre il rapporto del 20 per cento sul proprio patrimonio, ammesso come limite massimo da una precisa clausola statutaria. Iniziativa suicida, come si è visto, sulla quale il Tesoro aveva effettivamente espresso perplessità, salvo però dare il proprio benestare perché quel rapporto sembrava rispettato.
Sembrava, appunto. La comparsa di risposta alla citazione in giudizio per conto del ministero dell’Economia, stilata dall’avvocato dello Stato Piercarlo Pirollo, spiega come “nell’adottare il provvedimento di controllo il ministero, attesa la natura della vigilanza limitata a profili di mera legittimità, di certo non entrava nel merito né del Piano d’impresa di Banca Montepaschi né, tantomeno, di quei presupposti valutativi riservati alla piena ed esclusiva competenza degli Organi della Fondazione, dando per assunto il rispetto dei vincoli statutari previsti per l’indebitamento dell’Ente”.