Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2018  febbraio 22 Giovedì calendario

Preti gay in chat, il dossier in mano alla Curia di Napoli

“Non sono io, non sono io sicuramente”. Smentire, negare fino alla fine. Anche di fronte all’evidenza. È per lo più questa la reazione dei preti contattati dopo la pubblicazione sul Fatto Quotidiano delle chat a sfondo sessuale contenute nel dossier consegnato ieri mattina dall’escort napoletano Francesco Mangiacapra alla cancelleria della Curia di Napoli. Cinquanta sacerdoti e una decina di seminaristi indicati per nome e cognome. Oltre mille pagine con screenshot in cui si parla di sesso a pagamento e festini gay, con scambio di immagini intime e collegamenti video per masturbarsi insieme. Un documento che restituisce l’immagine di una Chiesa dalla doppia morale.
Ora il dossier potrebbe essere inviato dalla Curia ai vertici delle altre diocesi del Centro-Sud a cui appartengono i preti segnalati, come quelle di Teggiano-Policastro e Tursi-Lagonegro. Alcuni dei sacerdoti, contattati con l’intento di farsi raccontare sotto anonimato come tali contraddizioni siano vissute, chiudono subito la telefonata. I più non ammettono: “Sono spiazzato. Nego ogni cosa, non mi riconosco in questo”, dice per esempio don G., parroco della Basilicata che in una chat si rivolge così a un seminarista: “Te ne vieni con me per un’ordinazione diaconale e poi ce ne andiamo da amico prete cazzuto e porco lì vicino”. C’è chi nega anche se gli si dà prova del suo coinvolgimento: “A questo punto penso di essere vittima di uno scherzo o altro. Chi mi dice che non hanno fatto dei fotomontaggi, per farmi delle fregature? Per buttare fango sugli uomini di Chiesa si farebbe di tutto”. Solo in due alla fine ammettono. Ma a chiedere loro come certe cose vadano d’accordo con il celibato, con le prediche dai pulpiti e con la posizione della Chiesa sull’omosessualità, non si ottiene risposta.
Il tema è spinoso. Casi come questi “lasciano sbigottiti”, ammette al telefono monsignor Angelo Spinillo, il vescovo di Aversa che a dicembre ha sospeso e avviato a un percorso di recupero in un luogo protetto don Crescenzo Abbate, parroco di Succivo (Caserta) citato nel dossier. Spinillo è intervenuto dopo i ricatti di cui il prete è stato vittima per un video hard, ma in precedenza non aveva avviato iniziative risolutive, sebbene avvisato già nel 2016 delle sue abitudini proprio da Mangiacapra. “Che vuol dire risolutive? – chiede ora Spinillo –. Bisogna dialogare con chi sbaglia, metterlo su un percorso. Se poi ricade, bisogna intervenire in modo più incalzante, come è stato fatto”. Per il vescovo “ci sono forme di disordine nella vita di tanti su cui bisogna intervenire con un cammino di recupero. Tutta la fede cristiana si basa sul recupero, anche Gesù chiamava i peccatori e li convertiva”. Ma ha senso continuare a condannare l’omosessualità se questa è diffusa tra i suoi ministri? “Anche nella politica ci sono tanti corrotti, ma non per questo si smette di condannare la corruzione. Non sto facendo un paragone tra omosessualità e corruzione, ma se c’è attenzione ai principi bisogna riaffermarli, anche se alcuni contravvengono. E chi ha sbagliato va aiutato a redimersi”.