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 2018  febbraio 21 Mercoledì calendario

Anna Magnani, una vita in cerca d’amore

Neanche Anna sarebbe riuscita a scrivere di sé, della Magnani. Tanto che, all’offerta della Richmond Tower & Benson Ltd. di Londra di mettere nero su bianco la propria vita, Nannarella si sforzò di compilare la prima pagina. E lì si fermò: «...Ho sempre camminato nella vita per sentire in me la gioia di una continua metamorfosi, di un continuo studio di quello che era il mio lavoro e, oserei dire, di un continuo perfezionamento della donna che era in me. Ma la donna, quella che nessuno, dico nessuno, conosce non è mai cambiata, mai! Piena di difetti, tanti, ma piena di timori, piena di smarrimenti. Gli stessi che ho oggi, dopo una dura, durissima vita, li avevo a dieci anni. E questo trauma è la cosa che amo di più in me...». 
BAMBINA
Anna, donna-bambina fragile e bisognosa di affetto; Magnani rigorosa, quasi maniacale interprete; Nannarella romana del popolo e Nannarella tragica Mamma Roma di Pasolini. Anna madre presente-assente, a volte scorbutica, spesso tenerissima. Donna libera, sempre e, quando sottomessa all’amore, vulcano di passione e partner attenta, ossessivamente ligia alle leggi del cuore. Scrivere del suo trauma così desiderato e patito insieme è possibile dunque solo a distanza di tempo. E se ne sentiva il bisogno, perché a 110 anni dalla sua nascita, il 7 marzo del 1908, finalmente un ricco, appassionato libro di quattrocento pagine firmato dall’autrice veronese Matilde Hochkofler, ci restituisce un ritratto della donna e dell’attrice Magnani che si potrebbe definire inedito. Non tanto per la straconosciuta storia dei suoi film, gli uomini e i viaggi, il divismo e la solitudine, quanto per l’immagine di una donna sola con e contro tutto e tutti, manager di se stessa, scrittrice e sceneggiatrice, rocciosa e cocciuta interprete; ma guai definirla attrice: «Io non so costruire una parte, non so stabilire un personaggio... Non credo di recitare. Vivo quello che faccio o credo di viverlo, che è lo stesso».
TENERO
Dal tenero quanto burrascoso matrimonio con Goffredo Alessandrini ai tempi della Rivista di Galdieri e Gandusio a Campo de’ Fiori e L’ultima carrozzella, alla fioraia del Pincio e gli sketch del Gagà e della Gagarella insieme con Totò allo straordinario successo di Roma città aperta di Rossellini per il quale la Magnani fu preferita a Clara Calamai («Della scena della morte – scrive – non ho fatto prove. Con Rossellini, che è stato quel grande regista che è stato, non si provava»). E ancora lo straordinario Cocteau de La voce umana, l’Oscar vinto nel 56 per La rosa tatuata fino a Bellissima con Visconti («Anna è come un cavallo di razza – disse il regista – Bisogna tenerlo chiuso nel suo box fino all’ultimo momento, che non sappia nulla e non veda nulla e intanto gli si deve preparare una pista perfetta. Al momento della corsa si può lasciarlo andare a briglia sciolta. Vincerà di sicuro»). Fino a La Lupa, all’incontro con Moravia e Pasolini con Mamma Roma («Anna rimane sconvolta da Accattone. All’uscita del Palazzo del Cinema di Venezia, getta le braccia la collo del regista e con un’enfasi tutta romanesca gli dice A Pier Pà, m’hai da fa’ fa’ un firme co’ te»).
AUTRICE
Questa, tutta questa, è la storia di Anna così come ce l’ha tramandata il suo straordinario cinema. Poi, nel libro, c’è la Magnani intima per raccontare la quale l’autrice Hochkofler pensa bene di farsi accompagnare dagli splendidi inserti in corsivo del figlio dell’attrice, Luca; quasi sempre racconti di estati felici o di attese di ritorni a casa nella bella villa del Circeo adorata da Anna. 
Le estati felici, il suo mondo felice era quello dell’amore: Anna la rocciosa si riconosceva un grande difetto: «Il bisogno di sentirmi amata. L’amore? – scrive – Se io avessi trovato veramente il grande amore avrei rinunciato a lavorare. Ah, se me lo avessero chiesto, sì. Io lo chiamo difetto, ma sarebbe la mia più grande ambizione, la più grande gioia, sentirmi amata. Voglio essere amata – appunta ancora la Magnani – perché mi sento più protetta. Ma la felicità non è fatta per le persone troppo sensibili. Io vivo continuamente in uno stato di delusione». 
Sono, queste, le pagine più intense e folgoranti del libro: Rossellini la tradiva e intanto la chiamava Stellina mia, lei solo Robbé ma lo ha amato alla follia e quando era furiosa la sentivano gridare all’indirizzo del regista nascosto sotto il tavolo: «Esci fuori, esci fuori da lì sotto che te devo menà».
L’America la travolse: l’amicizia profonda, languida e forte con Tennessee Williams («Mi manca il tuo cervello e la tua anima – gli scrisse una volta – Sono come un’assetata che non riesce a trovare un buon bicchiere d’acqua fresca e deve accontentarsi di bere acqua tiepida»), lo sconfinato amore per Anthony Franciosa ai tempi di Selvaggio è il vento di Cukor e l’incanto per Bette Davis: «Non dimenticherò il vostro viso, lo porterò con me in Italia». 
Il trauma di Nannarella rimarrà tale fino alla fine, una sorta di dolce testamento per tutti quelli che verranno: «Se la morte mi spaventa ancora un po’ è perché vorrei che ciascuno potesse essere se stesso per poter morire in pace».