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 2018  febbraio 21 Mercoledì calendario

Miserie e nobiltà dell’araldica

L’araldica è a tutt’oggi una disciplina misconosciuta, a torto considerata esoterica e in alcuni casi sgradita al pubblico. Le ragioni sono diverse, ma la principale consiste senz’altro nella diffusa equiparazione fra l’appartenenza alla nobiltà e l’utilizzo degli stemmi. Molti profani infatti credevano e ancora credono che gli stemmi siano segni di nobiltà e che soltanto i nobili li possano portare. Invece, in nessun luogo nell’Europa occidentale, e in nessun momento fra il XII secolo – data in cui comparvero gli stemmi – e il XX, il loro utilizzo è mai stato prerogativa di una certa classe sociale. Qualunque individuo, famiglia, gruppo o collettività ha sempre, e ovunque, avuto la libertà di adottare un’arme di sua scelta e di farne l’uso privato che preferiva, all’unica condizione di non usurpare gli stemmi altrui. Nondimeno, se è vero che tutti hanno diritto di utilizzare gli stemmi, non è per forza detto che tutti li portino. Esistono difatti, soprattutto nelle epoche antiche, classi e categorie sociali nell’ambito delle quali l’utilizzo degli stemmi è più frequente che in altre: la nobiltà, il patriziato, i ceti più alti dei magistrati e dei mercanti, i ricchi artigiani. È un po’ come il biglietto da visita ai nostri giorni: chiunque può averne uno, ma non tutti lo hanno.Già verso la fine del Medioevo, nel tentativo di spiegarne le origini, i trattati di araldica avanzano parecchie ipotesi. Le più fantasiose, come quelle che attribuiscono l’invenzione degli stemmi ad Adamo, a Noè, ad Alessandro Magno, a Giulio Cesare o a re Artù, vennero presto respinte, in genere dal finire del XVI secolo. Oggi gli specialisti concordano nel riconoscere che la comparsa degli stemmi nell’Europa occidentale non è affatto dovuta alle crociate, all’Oriente, alle invasioni barbariche o all’antica Roma, ma è legata da una parte alle trasformazioni della società feudale dopo l’anno Mille, e dall’altra all’evoluzione dell’equipaggiamento militare fra la fine dell’XI secolo e i primi decenni del XII: all’epoca della prima crociata gli stemmi non esistevano ancora, ma si erano ormai imposti ai tempi della seconda. 
In Francia, l’araldica ha smesso di avere un ruolo ufficiale a partire dal Secondo Impero, e la legislazione che la riguarda è inesistente. Una sentenza della corte d’appello di Parigi, più volte ripresa, stabilisce che “gli stemmi godono della stessa protezione dei cognomi” e che “gli uffici giudiziari competenti per l’esame delle controversie relative ai nomi patronimici sono altresì competenti a conoscere delle contestazioni sollevate in materia distemmi”. A volte simili contestazioni nascono quando due persone o due famiglie portano la stessa arme. Può trattarsi di usurpazione in mala fede, ma il più delle volte si tratta di una somiglianza casuale. Infatti non esistono – come invece accade in Inghilterra, in Scozia e nei Paesi Bassi – né uno stemmario generale né uno schedario centrale dove gli stemmi utilizzati in Francia possano essere registrati e in qualche misura salvaguardati. Il principio della libera adozione degli stemmi e la loro variabilità grafica rendono nullo questo genere di registrazione, benché qualche fucina privata poco scrupolosa lo proponga (e oltretutto a pagamento).
Perciò, quando si adotta uno stemma, bisogna evitare di scegliere quello di qualcun altro, anche se è praticamente impossibile verificarlo. Insomma fa legge la buona fede, tanto più che l’araldica offre infinite possibilità creative. In taluni dipartimenti esiste una commissione apposita, che in genere fa capo alla Direction des services d’archives, che può vantaggiosamente agire da consulente per le collettività che vogliano dotarsi di uno stemma. Su scala nazionale è più che mai attiva la Commission nationale d’héraldique – organismo ufficiale con sede presso gli Archives nationales – che può rendere gli stessi servizi, soprattutto per i dipartimenti sprovvisti di una commissione. Ma la suddetta Commission nationale non registra, non protegge e non vende nulla; ha unicamente un ruolo di consulenza (il che la rende ancora più efficace).
Quanto si è detto per le città e le collettività vale anche per i privati: nello scegliersi uno stemma, è opportuno dare la precedenza alla semplicità e al buon gusto. Molto spesso bastano una o due figure, due o tre colori. L’ideazione degli stemmi è un esercizio a un tempo rigoroso, istruttivo e ludico. Vanno rispettate le regole del blasone, l’inventiva e la tradizione devono armonizzarsi, la sobrietà e l’eleganza devono fare da guida e mai dovrà mancare il piacere, persino l’esultanza.