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 2018  febbraio 21 Mercoledì calendario

«Tutto quello che ho scoperto sulle formiche». Intervista a Erik Frank

Nel 2013 ha riaperto e ricostruito la stazione di ricerca del Comoé National Park, in Costa d’Avorio – abbandonata nel 2002 per la guerra civile e ancora con i fori delle pallottole sulle pareti – e oggi, viaggiando tra la sua Wurzburg, in Germania, e l’Africa, Erik Frank studia un altro tipo di formazioni paramilitari, quelle delle formiche Matabele. Paramilitari, ma anche paramediche: Frank ha scoperto che questa specie è al tempo stesso spietata con i nemici e premurosa con i commilitoni feriti in battaglia. In uno studio su Proceedings of the Royal Society B, Frank descrive le sorprendenti capacità di “triage” e di cura dei feriti esibiti da queste formiche così particolari.
Come ha scoperto che le formiche Matabele curano i loro feriti?
«Per caso. In pieno Comoè National Park, sulla strada che mi porta ogni mattina al centro di ricerca, un giorno ho investito una colonna di formiche Matabele. Queste formiche amano usare le strade e le zone aperte per le loro marce. Ne fanno 2- 4 al giorno, con colonne lunghe 2- 3 metri, per procacciarsi il loro unico cibo: le termiti. Appena mi sono reso conto di essere passato sopra una di queste colonne, mi sono fermato e sono sceso a osservare. Là dove c’erano le tracce di pneumatico, in preda al panico, le formiche si stavano ritirando verso il formicaio. Nel “ground zero”, c’erano molte formiche con diversi livelli di ferite. Formiche sane si muovevano verso le formiche ferite, ma aiutavano solo quelle non troppo menomate. Le prendevano con cura tra le mandibole e le riportavano al formicaio. Lì ho capito di assistere a qualcosa di unico, che non avevo mai letto sui miei libri in Germania».
Un “triage” come quello del pronto soccorso?
«Esattamente, ed è la prima volta che viene osservato negli insetti. Anche se c’è una differenza cruciale con il nostro “triage”: non si può parlare di comportamento altruistico perché la “decisione” è affidata non alle formiche portantine, ma alle stesse formiche ferite. Che una volta menomate di qualche arto – routine, visto che l’unica preda di queste formiche sono termiti le cui mandibole possono infliggere seri danni – cercano come prima cosa di rialzarsi. Solo se ci riescono, emettono feromoni che richiamano l’attenzione delle formiche infermiere. Se non possono rialzarsi, invece, vengono ignorate».
Che succede poi nel formicaio-ambulatorio?
«Formiche “infermiere” staccano dagli arti del ferito le eventuali termiti morte e ancora attaccate con le mandibole all’arto, e leccano per diversi minuti l’emolinfa delle ferite. Abbiamo verificato che c’è un effetto antisettico, isolando dei feriti in modo che non ricevano questo trattamento, l’ 80% di loro muore entro 24 ore. Di quelli che si fanno leccare le ferite, invece, il 90% sopravvive».
Ma perché le formiche, dove il collettivo è tutto, dovrebbero avere cura dell’individuo?
«Infatti lo fanno non per il singolo, ma per il bene comune. Questa specie è caratterizzata da colonie piuttosto piccole, con tasso di natalità di 10-15 formiche al giorno. E ogni giorno, in media, 10-20 formiche vengono ferite nelle battaglie con le termiti. Perché la colonia possa mantenersi è importante riabilitare i menomati. Abbiamo visto che in ognuno dei piccoli eserciti delle Matabele, il 30% degli individui ha almeno un arto in meno. Ma in battaglia si danno da fare quanto gli altri».