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 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

«Rifarei la Commissione, ma no ai capri espiatori. Il mio consenso è in calo perché siamo al governo». Intervista a Matteo Renzi

Roma Renzi, i sondaggi danno il Pd in calo. 
«Ho letto il dato di Pagnoncelli. L’elemento preoccupante non è l’ultima settimana, ma il trend. Da maggio a oggi il Pd ha perso quasi sette punti. Stiamo pagando il fatto che gli altri sono in campagna elettorale mentre noi dobbiamo sostenere la responsabilità del governo e passiamo il tempo a litigare all’interno. Era ovvio che per il Pd fosse meglio votare a giugno o al massimo a settembre. Chi allora sosteneva questa tesi è stato accusato di irresponsabilità, ma non votando si è fatto un clamoroso assist a Berlusconi e Grillo. Adesso però è inutile piangere sul latte versato. Quando inizierà la campagna elettorale, finiranno le polemiche interne e il Pd potrà riprendere a parlare al Paese. Siamo già con questi sondaggi negativi il primo gruppo parlamentare del Paese, vogliamo essere però il partito più votato. E scateneremo una campagna elettorale a tappeto per farcela. Vedo la mia gente, immagino i candidati, leggo i risultati di questi anni e dico: il Pd sarà il primo partito».
Schiererete tutti i big a cominciare da Gentiloni, il brand Renzi non funziona più?
«Io non giro intorno ai temi, non è mio stile. È evidente che il mio consenso personale non è più quello del 2014. Ma le dico con totale sincerità che se è vero che il grafico del mio gradimento è sceso, è altrettanto vero che è salito il grafico degli occupati, del Pil, della fiducia, degli investimenti. Non farei a cambio: meglio aver perso qualche punto io che qualche posto di lavoro l’Italia. Il miracolo di questi anni è stato reso possibile dal Pd. Che è anche Gentiloni, è anche Minniti, è anche Delrio, è anche Franceschini. E tutti gli altri. Ovvio che allora in campagna elettorale questi ci metteranno la faccia e il cuore nei collegi. Siamo una squadra forte, altro che discorsi: i nostri candidati saranno i più competitivi».
Il ministro Orlando dice che lei deve farsi da parte. 
«Fossi Andrea mi preoccuperei di darci una mano a cercare i voti anziché alimentare le polemiche. Per quelle aspettiamo il giorno dopo le elezioni. L’avversario di chi vota il Pd non è Matteo Renzi: spero che tutte le opposizioni interne ne siano consapevoli».
Si è pentito della Commissione sulle banche? 
«Non solo non mi sono pentito, ma lo rifarei domattina. Dobbiamo dividere i risultati del lavoro della Commissione dalla mistificazione che ne viene fatta da una parte delle opposizioni e da alcuni media. La Commissione è un bene per il Paese perché mostra con chiarezza che in un mondo in cui qualcuno ha rubato – e i giudici dovranno dirci i nomi – chi doveva vigilare avrebbe potuto farlo meglio. La Commissione non punisce i ladri di ieri: aiuta le guardie di domani a fare meglio il proprio lavoro. E per questo la giudico un servizio ai cittadini. Sulla capacità di migliorare il sistema dei controlli ci giochiamo un pezzo di futuro. Altro che polemiche elettorali: qui ne va della credibilità delle istituzioni. Le polemiche delle opposizioni dureranno ancora dieci giorni, i risultati della commissione serviranno per i prossimi dieci anni».
Ma per il Pd è stato un problema.
«Il Pd in questi anni ha salvato il sistema bancario italiano dalla più grande crisi del dopo guerra. I salvati, nella fattispecie, non sono i banchieri che abbiamo commissariato e mandato a casa, senza guardare in faccia nessuno, ma decine di migliaia di correntisti. Abbiamo agito salvando migliaia di posti di lavoro, mandando a casa un centinaio di membri di consigli d’amministrazione, cambiando le regole sulle popolari per evitare nuove e vergognose connivenze tra politici territoriali e manager senza scrupoli. Rivendico con forza questo lavoro. Con queste – e altre – iniziative abbiamo consentito alla ripresa di arrivare anche in Italia. Ma soprattutto abbiamo salvato tanti risparmi di un ceto medio che per colpa delle regole europee avrebbe rischiato moltissimo. Regole, peraltro, volute dai governi precedenti».
In tutto ciò c’è Banca Etruria... 
«Demagogia è prendere un problema complesso e presentarlo in modo fuorviante ai cittadini indicando un facile capro espiatorio. Nel linguaggio barbaro di Cinque Stelle e di parte della stampa sembra che il problema delle banche italiane siano Banca Etruria e Boschi. Chi ha sbagliato su Banca Etruria deve pagare. Ma questo vale per tutte le banche. Soprattutto per quelle dove i veri scandali vengono coperti. Le sembra normale che dell’audizione del capo della Consob i giornali abbiano riportato solo il pranzo con la Boschi a Milano? Quello ha fatto il capo della Consob per sette anni: possibile che non avesse altro di più interessante del pranzo con un ministro?».
Ma secondo lei Boschi non dovrebbe fare un passo indietro?
«La Boschi è oggetto di un’attenzione spasmodica che copre i veri scandali di questi anni. Un vostro commentatore ha scritto sul Corriere : a questo punto non importa se Boschi ha detto o meno la verità. A noi del Pd sì: la verità interessa più del pregiudizio. A gennaio, comunque, gli organi del partito decideranno: la mia opinione è che si debba candidare, senza alcuna incertezza. I colpevoli li giudicano i giudici. I politici li giudicano gli elettori».
La campagna sulle fake news stenta a decollare.
«Nessuno pensa che vinceremo la campagna elettorale parlando di fake news. E aggiungo che il tema delle fake news non è importante tanto per la politica quanto per la salute dei nostri figli, la battaglia sui vaccini, le sfide contro l’anoressia, le ricette finte contro il cancro. Insomma: evitare che la Rete sia piena di schifezze è un dovere morale e civile. Penso però che sia fondamentale fare chiarezza anche sulle strutture inventate di sana pianta per alimentare notizie squallide e false. Non vedo nemici russi alle porte: dico che Lega e Cinque Stelle su questo non ce la stanno raccontando tutta. Mi colpisce che Di Maio non voglia fare un confronto con me: gli chiederei degli 80 euro e del Venezuela, certo. Ma potrei domandargli come spiega l’attività in questo settore di uno dei suoi principali collaboratori. Diamo tempo al tempo e vedrete a cosa mi riferisco».
Su cosa si vince allora la battaglia elettorale?
«Su lavoro, tasse, burocrazia, sicurezza sociale. C’è un milione di posti di lavoro in più ma non bastano: servono nuovi sgravi. E servono nuovi profili professionali, dalla ricerca all’innovazione tecnologica, dalla bioingegneria alle professioni ambientali su cui stiamo investendo moltissimo. Abbiamo abbassato le tasse a imprese e famiglie: ma restano troppo alte. I decreti Madia ci hanno portato avanti e il rinnovo contrattuale ormai è una realtà: ma ancora la burocrazia italiana blocca aziende e creatività. E soprattutto è necessario un concetto di sicurezza sociale che tenga insieme il bisogno di nuova protezione che la globalizzazione pone con gli investimenti in cultura, quelli nelle periferie, quelli sociali. Su questi temi nessuno è credibile come il Pd. E io penso che la maggioranza silenziosa degli italiani non voglia fermarsi».
Intanto Berlusconi cresce nei sondaggi...
«È incredibile come Berlusconi si presenti quale argine ai populisti e poi faccia accordi con Salvini. La loro alleanza tecnicamente non sta in piedi su nulla a cominciare dal posizionamento europeo. In questi giorni li abbiamo visti litigare ferocemente sul loro comportamento in Parlamento e adesso sono entrambi all’opposizione: ve lo immaginate se fossero al governo? Dicono tutto e il contrario di tutto. Sarà una campagna elettorale divertente. Noi a raccontare cosa abbiamo fatto in questi quattro anni. Loro a spiegare cosa non hanno fatto nei vent’anni precedenti».
Sulle pensioni, tema ultrasensibile, che intendete fare?
«Tassare le pensioni di chi ha lavorato per pagare il reddito di cittadinanza a tutti è un’idea che poteva partorire solo Di Maio. Ma il problema è rendere più semplice l’anticipo pensionistico inventato da un gruppo di professori della Bocconi coordinato da Tommaso Nannicini, non inventarsi chissà che cosa. E creare lavoro, lavoro, lavoro. Altrimenti nessuno pagherà le pensioni, semplice no?».
Sullo ius soli non siete andati avanti.
«Se non ci saranno le condizioni per mettere la fiducia, questo provvedimento non passerà. Ormai è scritto. Trovo bizzarro però essere criticato sul fronte dei diritti. Mai come in questa legislatura si è lavorato per ampliare la sfera dei diritti, dalle unioni civili fino al dopo di noi, dal biotestamento fino alla legge sull’autismo».