Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  dicembre 18 Lunedì calendario

Il re accolto da un centinaio di nostalgici. La protesta della Comunità ebraica

VICOFORTE (CUNEO) Ad accogliere davanti al santuario di Vicoforte la salma di Vittorio Emanuele III, il re d’Italia delle due guerre e del Ventennio, c’è il rettore della basilica con il breviario, il sindaco in fascia tricolore, il vicario del prefetto, il comandante della stazione dei carabinieri sull’attenti, e un centinaio di persone, più giornalisti e curiosi che nostalgici. 
Ad accompagnare la bara all’interno della chiesa, sotto l’imponente volta, la più grande a forma ellittica d’Europa, entrano in meno di una decina: il delegato di casa Savoia, il conte Federico Radicati di Primeglio, lo storico Aldo Alessandro Mola, che è l’architetto di questo doppio ritorno in patria (venerdì era stata traslata dalla Francia Elena del Montenegro, la regina consorte) e pochi altri.
Il portone si chiude e resta fuori Gian Nicolino Narducci, segretario di Serge di Jugoslavia, bisnipote del «re sciaboletta», discendente schierato con quella parte dell’ex famiglia reale che non ha gradito il ritorno in questo modo e soprattutto non al Pantheon. «Si creerà una gran confusione – scuote la testa Narducci —. Sono state violate le leggi internazionali, qualcuno dovrà risponderne».
Nonostante la cerimonia sobria e perfino sotto tono, non è l’unica nota polemica della giornata. Noemi Di Segni, presidente delle Comunità ebraiche italiane, esprime «profonda inquietudine, in un’epoca segnata dal progressivo smarrimento di Memoria e valori fondamentali». Il suo giudizio storico è senza appelli: «VittorioEmanuele III fu complice del regime fascista di cui non ostacolò mai l’ascesa e la violenza». Di un possibile trasferimento a Roma neanche a parlarne. «Nessun onore pubblico per chi porta il peso di decisioni che hanno gettato discredito e vergogna su tutto il Paese».
Qui a Vicoforte, sulle colline cuneesi rese più dolci dalla prima neve, si cerca almeno oggi in tutti i modi di tenere lontani livori e sospetti. Lo storico Mola giustifica perfino la mancata opposizione del sovrano alle leggi razziali: «Era un re costituzionale, non poteva non approvare quanto deciso dal Parlamento». Federico Radicati di Primeglio, che si presenta come delegato «sia di Maria Gabriella che di Vittorio Emanuele», nipoti del re arrivato ieri mattina da Alessandria d’Egitto con un volo militare, non risponde sui contrasti intestini, ma ci tiene a sottolineare che «non c’è stato niente di segreto, semplicemente riservatezza». E aggiunge: «La speranza è che questo ritorno in Italia possa portare alla condivisione della memoria e della visione storica».
Valter Roattino, il sindaco del paese, 3.200 abitanti, è ovviamente soddisfatto «per l’onere e l’onore dato alla nostra comunità. Anche se ci vorrà del tempo per metabolizzare». Piergiacomo Graglia di Sant’Anna è invece uno dei pochi ammessi alla tumulazione. «Questa straordinaria basilica è stata voluta da Carlo EmanueleI. Sono felice che il re e la regina siano sepolti qui».
Alle tre del pomeriggio, dopo due ore di preparativi, la cappella di San Bernardo viene aperta al pubblico. A sinistra dell’altare la tomba del re, a destra quella della regina. Marmo nero e caratteri in oro. Una decina di persone attendono l’evento, meno di quelli davanti al bel presepe in legno nella piazza davanti al santuario.