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 2017  dicembre 08 Venerdì calendario

Imprese soffocate dai balzelli. Ma lo Stato non salda i suoi debiti

Dopo tre anni e mezzo di ammonimenti, lettera di richiamo e minacce la Corte di Giustizia europea europea passa alle maniere forti. Il nostro Paese dovrà giustificare, a questo terzo richiamo, i ritardi e pagare le sanzioni per le inadempienze. Beffa paradossale: le imprese pagheranno più tasse per saldare il conto dei conti che non gli vengono saldati. Nonostante gli sforzi restiamo uno dei Paesi più “ritardatari”. E non si tratta di pochi spiccioli. Secondo l’ultima Relazione della Banca d’Italia «lo stock di debiti» ai fornitori «ammonta a 64 miliardi di euro; 4 in meno rispetto al 2015». Un’enormità, pari a 4 punti di Pil. Il nostro Paese impiega mediamente oltre 100 giorni per saldare i debiti nei confronti delle imprese. I 3 mesi di ritardo (96 giorni nel primo semestre 2017), costituiscono un abisso rispetto alla media europea (41 giorni). E nonostante i timidi miglioramenti si continuano ad accumulare ritardi preoccupanti. Alcune amministrazioni (i Comuni), sono singolarmente molto più lente. Già nel giugno 2014 era stata avviata da Bruxelles la costituzione di “messa in mora”, primo passaggio che ieri ha portato all’apertura formale della contestazione. Le regole europee sono semplici: le amministrazioni pubbliche sono tenute a pagare «entro 30 giorni». In circostanze eccezionali, entro 60 giorni dalla fattura. E comunque, in caso di inadempienza, scattano immediatamente gli interessi di mora e il risarcimento delle spese di recupero. 
I ritardi, settore per settore, scandisce il presidente dei costruttori (Ance), Gabriele Buia, sono devastanti. Per il comparto delle costuzioni, già in sofferenza tra vendite ancora in stallo, la media dei ritardi sfiora i 5 mesi «una condizione inaccettabile per imprese già stremate dalla crisi». Le aziende dell’indotto Ilva, ad esempio, vantano crediti per 180 milioni (30 dalla gestione commissariale, vale a dire dallo Stato). E se le aziende si lamentano, la Confartigianato fa nomi e cognomi: «Il 62% degli enti pubblici non rispetta i termini». E pure Agenzia delle Entrate, Demanio, Dogane, Monopoli, Equitalia, Inps e Inail (tutti enti che gestiscono imposte e contributi), pagano con calma (almeno in 50 giorni). Tanto che Confimprenditori suggerisce che sia la Cassa Depositi e Prestiti ad anticipare l’80% dei crediti certi, perevitare che «altre imprese possano fallire». 
Se è complicato incassare, la rapidità non manca quando si tratta di ideare nuove tasse e balzelli. Giusto ieri i commercialisti hanno denunciato il paradosso: tra settembre ed ottobre i 70mila studi professionali hanno dovuto sostenere maggiori oneri per 113 milioni (1.600 euro a studio), per stare dietro a tutti gli adempimenti (e ai continui cambiamenti) decisi in extremis per lo spesometro.