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 2017  dicembre 05 Martedì calendario

Il papà di Di Battista smonta il grillismo

Roma Non bisognerebbe mai perdere il rancore. Nemmeno quando si supera la soglia di Palazzo Chigi. Perché solo così si possono realizzare cose rivoluzionarie. Parola di Vittorio Di Battista, divenuto famoso perché padre di Alessandro, il giovane dioscuro grillino, che ha stupito tutti annunciando il suo ritiro dopo una sola legislatura. La tempra barricadera Alessandro l’ha senz’altro presa dal padre che pochi giorni fa ha pubblicato un post sulla sua pagina Facebook dove non fa sconti al Movimento, denunciando tutti i suoi limiti. Per i giornali è stato facile poi liquidare con un semplice «Di Battista senior spara a zero sul Movimento», soprattutto se il diretto interessato usa metafore e allusioni dirompenti come «Siamo stati rivoluzionari per qualche settimana, incomprensibili per qualche mese, preoccupanti per qualche semestre», «poi la sottomissione alle regole, il timore di venir criticati, la scelta di essere per bene e di comportarsi da persone per bene». Tutti hanno subito visto in questo j’accuse uno smarcarsi dal Movimento ora che il figlio sta per lasciare il Parlamento. Anche la trasmissione di Radio Uno Un giorno da pecora ha voluto cavalcare l’onda e lo ha raggiunto al telefono. Un’occasione per Di Battista senior di precisare le sue parole. «Non conosco Casaleggio. Le mie parole non sono una critica nei confronti di persone specifiche. Anzi la mia non è nemmeno una critica ma una constatazione». «Il movimento è fatto da persone per bene – spiega – che hanno il senso dello Stato. Tanto che pensano che lo Stato vada rispettato. Anche io penso che vada rispettato ma non quando è gestito da un’associazione a delinquere». Insomma per Di Battista senior il Movimento ha perso la spinta propulsiva. Non è più lo tsunami dell’indignazione. Alla solita domanda su Di Maio, Di Battista senior non si sottrae. «Non deve dimenticare il rancore. Per quando sarà a Palazzo Chigi». Comunque col figlio condivide altre passioni e altri «maestri». A partire da Che Guevara, che rinunciò al potere ministeriale per continuare la lotta, fino al martire rivoluzionario Santorre di Santarosa. Il grillismo? Non è più una «rivoluzione» (se lo è mai stato).