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 2017  dicembre 02 Sabato calendario

Commissione banche, scontro sull’audizione di Visco e Padoan

A poco più di un mese dall’inizio dei lavori la Commissione di indagine sulle banche discute già di quando terminarli. Dopo le polemiche alimentate dall’audizione del procuratore di Arezzo Nello Rossi, critica verso Banca d’Italia, il presidente Pier Ferdinando Casini ha una gran fretta di chiudere. Ieri l’ufficio di presidenza sul calendario dei lavori si è svolto senza di lui. Fra gli altri si è deciso di ascoltare (il 5 dicembre) il presidente delle quattro banche fallite nel 2015 (Etruria, Carimarche, Carichieti e Cassa di Ferrara) Roberto Nicastro e (il 13 o il 14) il presidente uscente dell’autorità di Borsa Giuseppe Vegas: alcuni commissari si sono accorti che il 15 scade il mandato. Restano senza data le audizioni più attese: quelle di Mario Draghi e Federico Ghizzoni, Pier Carlo Padoan e Ignazio Visco. La prima, chiesta dai Cinque Stelle, probabilmente non avverrà per limiti legali: il presidente Bce non può parlare di fronte a parlamenti nazionali nell’esercizio delle sue funzioni. Ghizzoni, ex numero uno di Unicredit, è invocato da Forza Italia che vuole lumi sulle presunte pressioni di Maria Elena Boschi, perché acquisisse Banca Etruria. Infine Padoan e il governatore Visco, nel «mirino» del Pd. Nessun commissario considera possibile chiudere i lavori senza averlo sentito. Ma con tutta probabilità la sua testimonianza sancirà la fine dei lavori, visto che entro gennaio il Capo dello Stato scioglierà le Camere e a quel punto – lo dice la legge – i lavori della commissione dovranno fermarsi: da quel momento in poi potrà solo scrivere la relazione finale. «Prorogare i lavori è irrealistico», dice Casini, rispondendo all’ipotesi avanzata del numero due della commissione Brunetta. «Mi fa sorridere mi risponda prima ancora di aver formalizzato la proposta, evidentemente è stressato», risponde Brunetta a La Stampa.
Casini è di nuovo fra due fuochi: da un lato Renzi che vuole sfruttare politicamente l’occasione, dall’altra le preoccupazioni di Mattarella per le conseguenze delle bordate a Visco prima e dopo la sua audizione. Audizione delicatissima, dagli esiti imprevedibili e con un risvolto ben illustrato da un personaggio come l’ex ministro Rino Formica, che nella prima Repubblica ha attraversato complesse crisi politiche ed istituzionali: «La logica del “tanto peggio, tanto meglio” che è tornata ad ispirare il segretario del Pd, se dovesse proseguire, rischia di coinvolgere in un solo colpo i due presidenti artefici della nomina del Governatore, Mattarella e Gentiloni. Finendo per lambire persino il presidente della Bce».
Ma quando saranno sciolte effettivamente le Camere? Sulla data di fine-legislatura, già da tempo dentro la maggioranza convivono (senza frizioni ma riservatamente) due diverse ipotesi. Quella preferita dal premier prevede una conclusione rapida della legislatura, con l’approvazione delle leggi realisticamente «abbordabili» (su tutti quella sul biotestamento), evitando così un prevedibile logoramento del governo attorno a provvedimenti controversi. Per questa scuola di pensiero, lo scioglimento delle Camere potrebbe avvenire tra il primo e il dieci gennaio, ma – in caso di condivisione unanime – anche a cavallo tra Natale e Capodanno.
A Matteo Renzi viene attribuita invece la tentazione di «allungarsi» nelle prime tre settimane di gennaio. Un modo per irrobustire il consuntivo legislativo, ma anche – sussurrano i maligni – per guadagnare qualche settimana in vista di una «volata» verso le elezioni, che gli istituti di sondaggio da qualche settimana prevedono sempre più complicata per il Pd. In questi calcoli potrebbe inserirsi anche l’incognita della Commissione banche. I due «partiti» più radicali – quello del «tanto peggio, tanto meglio» e quello della sordina su Bankitalia – potrebbero lavorare dietro le quinte per la data più conveniente ai propri disegni. Ma in questo contesto il Capo dello Stato – oltre a dover sentire per Costituzione i presidenti delle due Camere – cercherà un punto di caduta capace di raccogliere un consenso largo.