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 2017  dicembre 02 Sabato calendario

Una scossa elettrica per una marcia in più

ROMA Pioniere com’è di molte cose, lecite e spesso molto meno, il ciclismo ha deciso di scavalcare una nuova frontiera ed invadere un terreno finora poco frequentato dallo sport, quello delle neuroscienze. Per la prima volta un team, la Bahrain Merida, userà la tDCS, la stimolazione transcranica a corrente diretta continua. Niente paura, non fa male e soprattutto non è doping.
O, almeno, non lo è ancora.
La presentazione del progetto oggi presso l’Istituto delle Riabilitazioni Riba di Torino. E se vedrete, forse, Vincenzo Nibali con una cuffia elettrificata sulla testa non spaventatevi. La tDCS funziona proprio così: il corridore si sottopone per circa 15 minuti prima o dopo una gara a una debolissima stimolazione elettrica a intensità costante tramite elettrodi applicati direttamente alla testa. È sufficiente per trasmettere eccitazione e rilassamento a tutto il corpo. I vantaggi: effetti positivi sull’umore e sulla qualità e durata del sonno.
Controindicazioni: apparentemente nessuna.
Il passaggio è in un certo senso epocale e porta nello sport una tecnica che sta conoscendo un grande sviluppo come possibile terapia per combattere gli effetti di depressione, ictus, dolore cronico e la dipendenza da sostanze stupefacenti.
«L’obiettivo della nostra partnership con la Bahrain Merida» spiega il fondatore del Cidimu di Torino, Ugo Riba, «è studiare la possibilità di aumentare e migliorare le performance mentali dei corridori. Sappiamo bene che migliorare l’aspetto mentale, il benessere complessivo di un atleta porta lo stesso ad avere dei miglioramenti anche dal punto di vista delle prestazioni fisiche.
Questa pratica migliora anche qualità del gesto, precisione, concentrazione. Ha molti vantaggi. Doping? No, non nella definizione attuale».
In realtà, la tDCS, utilizzata soprattutto finora dai saltatori con gli sci e sporadicamente da alcuni ciclisti (uno di loro, l’ex pro americano Andrew Talasky) rischia di aprire un complesso dibattito. E anche sulla sua utilità, la comunità scientifica non è concorde. «Conosco molto bene vantaggi e svantaggi della pratica» sottolinea Carlo Miniussi, fisiologo presso il Cimec di Trento, «e posso dire che, a fronte di nessun rischio pratico per la salute, non sono stati finora riscontrati particolari miglioramenti in pazienti con patologie come depressione e Alzheimer, per le quali questa pratica aveva aperto vent’anni fa incoraggianti prospettive». E se fosse solo effetto placebo?
«L’effetto legato alla suggestione può essere significativo» spiega Vincenzo Di Lazzaro, ordinario di neurologia all’Unicampus Bio-medico di Roma, «ma gli effetti sono di breve durata e non è dimostrato che la tDCS possa migliorare le prestazioni fisiche.
C’è però la speranza che, anche grazie a nuovi sviluppi tecnologici, essa possa trasformarsi in una nuova forma di terapia». Si apre un innovativo fronte di studi. E poi, come si dice nel ciclismo, sarà la strada a decidere.