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 2017  dicembre 02 Sabato calendario

Hiv, il virus che i Millennial non temono più. «Ignorano i rischi»

Roma «Pensano di essere immuni ai pericoli, alle malattie, e invece, per ignoranza, presunzione e rifiuto del preservativo, i giovani italiani tra i 25 e i 29 anni sono la maggioranza tra i 3.451 nuovi casi di persone sieropositive». Nella giornata dedicata alla lotta contro l’Aids, che nel mondo vede 120mila bambini sotto i 14 anni morti all’anno e 18 contagiati dal virus ogni ora, torna l’allarme Hiv nel nostro Paese.
Non perché l’incidenza sia in aumento, ma perché la gente vive come se non esistesse, scoprendo tardi di avere il virus: in media a 37 anni e mezzo. Così spiega il professor Pasquale Narciso, infettivologo, vicepresidente Anlaids Lazio, mentre il professor Aiuti, immunologo, sottolinea: «Tanti gli under 30, ma cala il numero complessivo rispetto ai 4mila casi del 2016. Il vero problema sono quelli che non sanno di essere contagiati: alcune stime arrivano a 50mila persone».
Parole e numeri a raccontare una realtà ignorata da tanti. Che ha come regioni più colpite Lazio, Marche, Toscana e Lombardia. Decine di migliaia di persone, tra i 15 e i 60 anni, sono sieropositive, ma non lo sanno. Non pensano di correre rischi, e quindi non fanno test, non si curano e continuano ad avere rapporti rischiando di infettare i partner. E cosi il numero degli italiani entrati in contatto col virus dell’Hiv cresce. In Italia sono oltre 106mila le persone sieropositive, 44mila le vittime dell’Aids dal 1982 fino a quando sono arrivate le cure che hanno cambiato destini e percezione del male.
«I nuovi farmaci hanno trasformato una condanna a morte in qualcosa con cui si può convivere per decenni e questo ha abbassato la soglia della paura tra la gente, ha danneggiato la prevenzione, se n’è parlato meno. Prima l’Hiv era considerato, erroneamente, un problema solo del mondo omosessuale maschile e dei tossicodipendenti che si iniettavano l’eroina. Avendo meno timori, sempre meno persone hanno fatto il test, convinte che il problema riguardasse “gli altri”. E i risultati si vedono: il virus oggi si trasmette soprattutto per via sessuale, a tutti», sottolinea il professor Narciso.
È la storia di Anna e Luca, nomi di fantasia per due fidanzati napoletani. Lui è andato dal medico per un’infezione che non passava: ha scoperto così di essere sieropositivo dopo una notte con una prostituta. Dopo giorni di angoscia l’ha raccontato alla sua ragazza. Un nuovo test, una nuova sentenza: anche lei contagiata. Poi il lieto fine: si sono curati insieme. L’amore ha retto e ora hanno figli nati sani grazie alle nuove tecniche specifiche di riproduzione. «Ma se lui non avesse avuto quell’infezione – conclude Narciso – non avrebbe mai fatto il test e non si sarebbe curato, cosa che riduce dell’ 80% la trasmissibilità del virus. I malati arrivano dal medico in ritardo, il 40% pensa di non correre pericoli. Invece tutti dovrebbero fare il test, giovani e pensionati: ho visto sessantenni stupiti ritrovarsi positivi. In Italia invece non è previsto neppure l’esame per le donne incinte, che potrebbe salvare tanti bambini».