Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 20 Venerdì calendario

Danielle Darrieux, 100 anni di leggenda

Cento anni, oltre 130 film. Danielle Darrieux, morta a Boix Le Roy, a ovest di Parigi, ha attraversato tutto il cinema sonoro francese, anche se deve il suo esordio a una diva del muto, Marie Serta, che studiava canto dalla madre della Darrieux: è lei che le propone di presentare la figlia quattordicenne (era nata il 1° maggio 1917 a Bordeaux) a un’audizione per Alle porte del gran mondo (1931) di Wilhelm Thiele. Da allora la sua carriera non si è più fermata, visto che l’ultimo film è del 2010 ( Pièce monté di Denys Granier-Deferre), offrendo il suo ovale perfetto, le sue labbra carnose, la sua risata squillante e la sua aria un po’ «boudeuse» (dolcemente imbronciata, come poi si disse per la Bardot) a incarnare la donna francese sullo schermo, capace di passare indenne attraverso tanti decenni di cinema. E senza voler mai nascondere l’età.


La sua spontaneità e la sua facilità recitativa le procurano subito molti altri ingaggi (tra cui Amore che redime, 1934, co-diretto da Billy Wilder in fuga dalla Germania nazista) fino a quando il regista Henri Decoin, che aveva sposato nel 1935, la propose ad Anatole Litvak per il ruolo di Maria Vetsera in Mayerling (1936), al fianco di Charles Boyer, che interpretava l’arciduca Rodolfo. È il ruolo che le aprì le porte di Hollywood, dove l’Universal le fece firmare un contratto che però la Darrieux non rispetterà: dopo Allora lo sposo io! (1938) tornò in Francia, a girare col marito, anche dopo che il loro matrimonio finì nel 1940. Per Decoin, infatti, interpretò Abuso di fiducia (1937), il notevole Ritorno all’alba (’38), Primo appuntamento (’41), La follia di Bebé Donge (1952, da Simenon. Un capolavoro), Quattro donne nella notte (’54) e Il processo dei veleni (’55).


Non aveva smesso di lavorare nemmeno durante l’occupazione (L’amante immaginaria, di André Cayatte) e nel 1942 accettò di fare un viaggio propagandistico a Berlino, ma solo per salvare dalla prigione il suo amante (e poi marito) Porfirio Rubirosa, imprigionato dal Reich. Viaggio che le costò nel dopoguerra un processo per collaborazionismo, da cui però fu scagionata.


Tra la fine degli anni Quaranta e tutti i Cinquanta, Danielle Darrieux interpretò i film che la imposero come star di primissima grandezza, a cominciare da Occupati di Amelia! (1949) di Claude Autant-Lara, che la vorrà anche in Una signora per bene (’53) e L’uomo e il diavolo (’54). Con Max Ophuls interpretò tra l’altro Il piacere (’52), con Julien Duvivier fu applaudita in Le donne degli altri (’57, da Zola). A volte facendosi ancora lusingare da Hollywood, come quando accettò la proposta di Joseph Mankiewicz per Operazione Cicero nel 1952.


Il suo fascino e la sua bravura le faranno anche attraversare la strada della Nouvelle Vague (con Chabrol gira Landru, 1962; con Jacques Demy Les Demoiselles de Rochefort – in Italia Josephine, 1967 – e poi Une chambre en ville, ’82) ma è soprattutto con la generazione arrivata dopo che finì per legare di più: con Paul Vecchiali ( Les petits drames, 1961), con André Téchiné ( Il luogo del crimine, 1986), con Claude Sautet (Qualche giorno con me, ’88).


E tutto questo senza dimenticare il teatro, dove aveva esordito nel 1937 con Jeux d’argent fino al trionfo a Broadway nel 1970 dove subentrò a Katherine Hepburn nel musical Coco (su Coco Chanel). La sua carriera non si fermò certo qui: negli anni Novanta e poi nel nuovo Millennio lavorò molto per la tv facendo la sua trionfale rentrée al cinema nel 2002 con Otto donne e un mistero di François Ozon.