Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  ottobre 17 Martedì calendario

La movida molesta

La prima volta fu la battaglia della Vetra. Venne chiamata così, anche perché il termine movida ancora non si usava. All’una della notte del 16 giugno 1994 la polizia caricò per due volte i giovani che affollavano la piazza nel cuore del quartiere Ticinese di Milano. Volarono botte da una parte e bottiglie dall’altra. Nello spazio verde compreso tra le due basiliche e le colonne di San Lorenzo stazionavano sette notti su sette un migliaio di studenti insonni, suonatori di bonghi, venditori ambulanti di birre. All’inizio il borgomastro leghista Marco Formentini propose di recintare il parco con cancello, lucchetto e guardiani, ma poi ci ripensò dicendo che si trattava di una proposta provocatoria. C’era da tenere insieme il diritto al sonno dei residenti, il diritto a essere giovani dei giovani, e il diritto a fare affari dei commercianti. Per qualche mese arrivarono niente meno che i militari. I soldati vegliavano sulla quiete appostati al bancone dell’American bar «Le Coquetel», indicato come il covo degli insonni.
Ordinanze in tutta Italia Il tempo che passa non è servito a molto. All’epoca quello di Milano venne derubricato come un caso locale, seppur già supportato dalle parole d’ordine che risuonano anche oggi. Nel 2016 uno studio dell’università di Sociologia del capoluogo lombardo ha invece contato almeno 450 diverse ordinanze di altrettanti Comuni sul territorio italiano, da Nord a Sud ma con netta prevalenza del primo, che riguardano «gli atti di inciviltà urbana legati a bivacchi alcolici». In una parola, movida. Negli ultimi tre mesi l’arrivo della bella stagione, la strage sfiorata a Torino per la finale di Champions league e il decreto Minniti sulla sicurezza urbana che ne è diretta conseguenza hanno fatto impennare questa contabilità provvisoria, alimentando ancora di più un dibattito che anche qui somiglia spesso a una guerra civile in miniatura. Fino a pochi giorni fa, quando «a causa del rumore antropico per gli schiamazzi degli avventori di alcuni locali su suolo pubblico», il Comune di Brescia è stato condannato a risarcire due suoi cittadini con 50 mila euro.
Dario Nardella, sindaco di Firenze, è convinto che quella sentenza sia uno spartiacque. «Per chi ha sottovalutato il problema rappresenta anche un campanello d’allarme. Il combinato disposto tra Brescia e la circolare Minniti indica la strada per misure sempre più restrittive. Spero che questo meccanismo venga registrato, lasciando maggiore margine di iniziativa alle singole amministrazioni. Con certe terapie d’urto si rischia di far morire il malato». La sua città è una specie di nave scuola nel settore. Divieto di vendita di alcol d’asporto, blocco di tre anni per i nuovi locali e i minimarket che dal 6 maggio scorso ha bloccato l’apertura di 54 nuovi bar o paninerie, introduzione della zona a traffico limitato per il periodo estivo. Nelle vie del centro storico la movida talvolta si sovrappone al cosiddetto turismo mordi e fuggi. «Sono due fenomeni diversi che però si incrociano. Le accuse di proibizionismo fanno parte del gioco. Bisogna armarsi di pazienza, e spiegare bene agli operatori la necessità di trovare un punto di equilibrio».
Battaglia fuori dai localiLaddove non viene governata per scelta, come accade a Napoli, la movida finisce per imporsi come fatto di cronaca. Il Comune finora si è limitato a un codice di autoregolamentazione dei locali. Nello scorso fine settimana il portavoce di un comitato di residenti del Vomero è stato malmenato dai clienti di un locale, mentre nel quartiere di Chiaia, la zona dei baretti, dalle finestre volano spesso vasi di fiori e acqua bollente sui tendoni sottostanti. L’avvocato di Gianfranco Paroli, uno dei ricorrenti bresciani, è già stato contattato da alcuni comitati napoletani. La ricetta unica per trovare il famoso punto d’incontro non esiste. Milano e Roma vietano il commercio itinerante e il consumo di alcolici per strada con ordinanze uniformi, che differiscono tra loro solo per orari ed efficacia. Bologna invece ha scelto di agire a macchia di leopardo, cinque diversi provvedimenti per altrettante aree. Nella zona universitaria vige un principio di responsabilità imposto ai gestori, che limita gli orari dei locali e chiede loro di evitare assembramenti fuori dalla porta, pena il ritiro della licenza. Le scelte dei Comuni sono spesso giocate sul filo della condivisione degli oneri tra amministrazione, commercianti e utenze. «Adesso cambia tutto, e lo ritengo ingiusto». Riccardo Malagoli, assessore bolognese alla Sicurezza, non è di quelli che le sentenze non si discutono mai. «Il tribunale di Brescia ha messo in capo alle amministrazioni locali una questione che non può essere addebitata integralmente a loro. Non possiamo decidere da soli come e quando la gente può stare in strada. A questo punto serve una legge uniforme, per tutti». La prova di un cambio di stagione si trova nel salone parrocchiale di via Baretti, nel cuore del quartiere di San Salvario. Il comitato «45 decibel» era al bivio tra azione civile e ricorso amministrativo. «Ora sappiamo dove andare» dice Domenico Di Marzo, uno dei promotori. La mozione di richiesta danni al Comune viene approvata con alzata di mano bulgara.
La sfida culturaleAlla fine si torna a Torino, alla città dei fatti di piazza San Carlo. «Prendo atto della sentenza». L’assessore al Commercio Alberto Sacco, avvocato imprestato ai Cinque Stelle tendenza Appendino, insegue l’ambizioso progetto di una vita notturna divisa per distretti enogastronomici. «A guardare le licenze, molti esercizi commerciali sono descritti come deliziosi negozi tipici, quando in realtà sono minimarket sotto altro nome. Piazza San Carlo ci ha fatto solo ridisegnare gli orari della città. Ma il problema della movida è culturale. Non lo si risolve con i tribunali e neppure con le strumentalizzazioni. Ci vuole tempo, e l’umiltà di non fare torto a nessuno». Sono passati 23 anni dalla battaglia della Vetra. Il parco delle basiliche venne recintato l’autunno seguente.