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 2017  ottobre 08 Domenica calendario

Unesco: vale 8 miliardi il traffico illecito d’arte nel mondo

Al Louvre il vetro antiriflesso difende il volto della Gioconda. Il dipinto di Leonardo, dal valore artistico inestimabile, fu rubato nel 1911 e ritrovato due anni dopo a Firenze. Ma quante altre vicende di arte saccheggiata, trafugata, contraffatta esistono?
Sono tantissimi i capolavori mai più ritrovati e «il traffico illecito nel mondo dell’arte ha un valore annuo di 8 miliardi di dollari con ricavi tra 1,6 e 1,8 miliardi», ha dichiarato il delegato dell’Unesco Edouard Planche, al secondo G7 Roma-Lyon Group, riportando le stime del Transnational Crime and the Developing World Report del Global Financing Integrity, gruppo di lavoro creato sotto la presidenza italiana del G8 del 2001.
Il Global Financing Integrity è gestito dalla Polizia e dedicato alla formulazione di strategie di contrasto al terrorismo e ai crimini transnazionali, tra cui spiccano le spoliazioni belliche.
Il valore stimato del mercato dell’arte “emerso” nel 2016 è stato di 56,6 miliardi di dollari. Naturalmente, il traffico illecito lavora sotto traccia: non sempre le provenienze delle opere sono esplicite e parte del fatturato stimato (34,5 miliardi di dollari) si conclude in trattative private presso case d’asta, gallerie e antiquari.
Il nodo resta quello del patrimonio storico-artistico dei Paesi sotto assedio. La Siria, ma anche l’Iraq, per i quali al meeting a porte chiuse che si è svolto a Roma dal 3 al 5 ottobre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto cooperazione alle organizzazioni internazionali presenti nell’area per porre fine al traffico illecito delle antichità. Perché, se per l’Interpol il finanziamento che l’Isis trae dal settore è «basso rispetto a petrolio e armi», per la Foundation For Defense of Democracies questo business è «sempre più importante, considerando come l’accesso alle altre fonti di finanziamento, quali il sequestro di pozzi petroliferi, stia diventando ogni giorno più difficile».
Le indagini dell’Fbi rivelano che l’Isis si approvvigiona sistematicamente grazie al traffico illecito di antichità, organizzato a tal punto da emettere licenze (valgono circa 5mila dollari) per scavi clandestini e commercio degli oggetti archeologici rinvenuti. Il generale Fabrizio Parrulli, comandante del nucleo dei Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale (Tpc), conferma che «esiste il traffico gestito dall’Isis, anche se non è così voluminoso ma qualsiasi transazione economica nelle aree controllate dall’Isis è sottoposta a un dazio, pertanto ogni scambio diventa una risorsa».
Anche Europol e Interpol concordano nel considerare il traffico illecito di beni d’arte un crimine organizzato, nell’accezione adottata dalla Convenzione di Palermo. Dai risultati del survey condotto dai Carabinieri Tpc emerge come più della metà degli Stati del G7 consideri il traffico illecito di beni culturali un reato grave, mentre il 10% preferisce valutare i casi volta per volta. In Italia la riforma contro i reati ai danni del patrimonio culturale, firmata da Andrea Orlando e Dario Franceschini, passata a Montecitorio in giugno e ora in attesa dell’ok in Senato («Art. 518-quaterdecies. Attività organizzate per il traffico illecito di beni culturali) finalmente riconosce pene più pesanti per chi traffica in beni culturali con la reclusione da due a otto anni, alla pari dell’associazione a delinquere.
Il traffico illecito di arte cresce nell’offerta se la domanda è forte e vivace. Così si scopre che la convergenza delle rotte del traffico illecito di beni culturali provenienti da Siria e Iraq punta verso Nord America, Asia sud-orientale ed Europa, dimostrando che proprio i Paesi del G7 sono il mercato di sbocco per le opere di illecita provenienza. In questi Stati – dichiarano le forze di polizia – si registra anche una generale assenza delle dovute attività di monitoraggio dei canali o dei luoghi dove gli scambi illegali avvengono con più frequenza, come presso antiquari o gallerie e ora anche il web: il 33% dei Paesi del G7 ha prove dell’effettivo finanziamento che lo Stato Islamico trae dal mercato nero di beni d’arte.
Che fare? «Incrementare i controlli di intelligence, le indagini e la cooperazione, intesa non solo come azioni combinate tra Stati o data-sharing, ma anche azioni sinergetiche tra Governi e settore privato», spiega il generale Parrulli. Ad alimentare il black market sono anche oggetti provenienti dall’Europa. Solo in Italia il traffico illecito di beni artistici vale 53,8 milioni di euro (recuperi o sequestri); sommato al valore delle opere false sequestrate, cuba 124 milioni di euro scambiati illecitamente e scoperti dal nucleo Carabinieri Tpc. Lavoro ce n’è tanto e l’appello del generale Parrulli è: «Proteggiamo la nostra storia, compriamo oggetti con una storia».
(Ha collaborato Giuditta Giardini)