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 2017  settembre 25 Lunedì calendario

«Ai catalani già un milione di schede: si voterà»

BARCELLONA Il colpo a sorpresa del movimento indipendentista arriva appena quattro giorni dopo l’operazione di polizia che sembrava aver vanificato del tutto le speranze di poter andare alle urne. Un milione di schede elettorali sono state distribuite in tutta la Catalogna, annunciano i responsabili delle principali organizzazioni che coordinano il fronte secessionista. Sono gli stessi Jordi Sànchez e Jordi Cuixart, presidenti della Assemblea Nacional Catalana e di Òmnium Cultural, a consegnare i pacchi che ne contengono almeno centomila nel chiostro dell’edificio storico dell’Università di Barcellona, occupato da giovedì scorso dagli studenti. E i ragazzi non hanno perso un attimo: nel cortile dell’ateneo erano a centinaia, ognuno ha preso venti o trenta “paperetes” (così si chiamano le schede in catalano) ed è corso a distribuirle ad amici e parenti. Fuori, nella Plaça Universitat, il clima è festivo, tra musica dal vivo e banchetti di propaganda elettorale, in una delle tante “maratone per la democrazia” convocate in questa giornata domenicale in centinaia di comuni di tutta la regione.
La Generalitat, il governo catalano, insomma tira dritto nel suo progetto di consultazione referendaria da tenere il 1° ottobre, nonostante gli avvertimenti di Madrid, le minacce della procura e l’arrivo, per ora discreto, di migliaia di agenti della Policia Nacional e della Guardia Civil venuti da tutta la Spagna. Se si voterà, sarà comunque un referendum senza alcun tipo di garanzia ( persino la giunta elettorale si è dimessa in blocco, su richiesta dello stesso “Govern”, per aggirare la minaccia della Corte costituzionale di infliggere multe di 12mila euro al giorno a tutti i suoi componenti). Ma di fronte alle cupe previsioni di “tumulti” e “violenze” che vengono dal governo Rajoy e dai magistrati inquirenti, il presidente Carles Puigdemont per ora ha buon gioco nel dimostrare che una parte consistente del popolo catalano rivendica in modo pacifico il diritto a decidere del proprio futuro.
Nel giorno della Mercè, la patrona di Barcellona, dopo la messa solenne in cui l’arcivescovo Joan Josep Omella ha richiamato i catalani a dar prova di “seny” – sensatezza, misura, senso comune – Puigdemont si è dato un bagno di folla per le strade di Ciutat Vella, il centro storico della città, affiancato da un’altra leader dell’indipendentismo, la presidente del Parlament Carme Forcadell, e dalla sindaca Ada Colau. Applausi per tutti e tre, con la gente che dalle finestre scandiva “vo- ta- rem”, voteremo. E l’incitamento è diventato un’ovazione quando, nella Plaça Sant Jaume affollata da migliaia di barcellonesi e turisti, i leader politici si sono affacciati al balcone centrale del municipio per seguire una festa trasformata in atto di rivendicazione politica. Protagonisti i “castellers”, le impressionanti torri umane che sono una delle tradizioni del folklore catalano. Ogni volta che si completava una torre, spuntava sempre in vetta una “estelada”, la bandiera dell’indipendenza, o uno striscione con la scritta “sì”, a indicare l’opzione di voto per la separazione dalla Spagna. Ma dopo la festa, comincia una settimana carica di incognite. Se non si andrà al voto, bisognerà trovare strade alternative. Una l’ha proposta ieri il leader di Podemos Pablo Iglesias: ha chiesto al segretario del Psoe Pedro Sánchez di promuovere una mozione di censura contro Rajoy per formare un governo che consenta di organizzare in Catalogna un referendum concordato con lo Stato centrale.