Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  settembre 25 Lunedì calendario

Bici, ombrelli, ricariche. Lo sharing comodo parla cinese

Chi porta il pallone? Una domanda che ci facevamo da bambini quando si andava a giocare sotto casa. Una risposta che nella Cina di oggi vale miliardi di yuan ed è un esempio della nuova «sharing economy», l’economia della condivisione: il pallone si affitta da un’apposita macchina distributrice. 
Tutto è cominciato a giugno del 2016, con una serie di biciclette gialle: le aveva messe in strada Ofo, offrendole in condivisione alla gente a un prezzo bassissimo, 1 yuan per mezz’ora, 12 centesimi di euro. L’innovazione, rispetto ai vecchi programmi gestiti dalle autorità comunali di molte città del mondo, è che le bici che oggi hanno cambiato mobilità e panorama nelle città cinesi sono di aziende private e non vanno prese e riconsegnate in un parcheggio fisso. Finito l’uso si lasciano dove si vuole: sotto casa, davanti a un negozio, alla fermata della metropolitana o dell’autobus, su un marciapiedi. Oggi sono tante che si rischia di inciamparci: 2,4 milioni a Pechino; 16 milioni in tutta la Cina, una distesa multicolore che fa capo a oltre una dozzina di startup. 
Ofo era partita nel 2015 dentro il campus della Peking University, una trovata dello studente Dai Wei per aiutare i compagni a muoversi nella cittadella universitaria e tirar su un po’ di soldi. Il successo è stato così rapido che Dai Wei ha abbandonato lo studio e si è lanciato come imprenditore alla conquista della capitale. A giugno 2016 Ofo aveva 18 mila utenti attivi al giorno, a gennaio 2017 erano saliti a 978 mila, a luglio sono state registrate 25 milioni di corse al giorno e l’azienda ha messo in strada 6,5 milioni di bici in 150 città. Ci sono già progetti pilota fuori dalla Cina, da Singapore all’Inghilterra agli Stati Uniti ed è appena stato negoziato lo sbarco a Milano. Ofo conta di arrivare a 20 milioni di biciclette in 200 città del mondo entro fine anno. Sulla startup sono piovuti gli investimenti: l’ultima tornata a luglio ha portato 700 milioni, grazie all’intervento tra gli altri di Alibaba. Ofo è diventato un Unicorno (una startup valutata oltre 1 miliardo). 
L’innovazione vincente è stata di aver liberato le due ruote dalle rastrelliere fisse, fornendole di un sistema di affitto hi-tech: si scarica una app sul telefonino, ci si registra pagando con lo smartphone un deposito di circa 30 euro, si controlla sulla mappa che compare sullo schermo dov’è la bici più vicina (ma ora sono ovunque), si sblocca l’antifurto scannerizzando un codice QR stampato dietro il sellino e sul manubrio, si pedala fin che si vuole. 
Sul mercato cinese Ofo ha un grande rivale, Mobike, fondata dalla ex giornalista Hu Weiwei. La signorina esperta di comunicazione ha differenziato l’offerta con biciclette più belle, appariscenti e dai materiali leggeri e sofisticati: livrea arancione con inserti argento, design avanzato. Sono arrivate per prime in Italia e ora si vedono in circolazione a Milano e Firenze. Mobike è sostenuta da Tencent e controlla il 40% del mercato in Cina, rispetto al 51% di Ofo. Dietro segue un gruppo di aziende più piccole e già si immagina che si andrà al consolidamento del mercato. Secondo gli analisti di Roland Berger il solo bike-sharing dovrebbe crescere del 20% l’anno e generare un fatturato di 5,8 miliardi di dollari entro il 2020. Oltre l’indotto dei milioni di biciclette da produrre o riparare. 
Ispirati da questo successo, centinaia, migliaia di imprenditori cinesi si sono messi a ruota e hanno cominciato a offrire di tutto in disposizione condivisa: palloni da basket, power bank per ricaricare i telefonini, ombrelli, attrezzi sportivi. Serve sempre un deposito per iscriversi e poi il sistema ben rodato delle app sul telefonino. Il Sud della Cina è particolarmente piovoso, temporali improvvisi: ed ecco che a Shanghai e Shenzhen con 1 yuan al giorno si può affittare l’ombrello. Quando smette di piovere basta richiudere un piccolo lucchetto e lasciarlo in strada. Le startup del parapioggia hanno ammesso di aver perso decine di migliaia di pezzi, ma gli investimenti permettono di rilanciare: «Ne metterò in giro 30 milioni entro fine anno», dice Zhao Shuping, fondatore di E Umbrella Sharing a Shenzhen. 
Sono i grandi numeri che spingono l’economia cinese, basta pensare che ci sono 100 mila campetti di basket nel Paese. «È essenziale allargarsi con rapidità, a ogni costo, piazzare macchine per la distribuzione di palloni ovunque e poi prepararsi anche a offrire altri attrezzi necessari, come le scarpe da basket», dice Cai Min, che guida Zhulegeqiu. 
Il governo di Pechino segue il fenomeno e cerca di regolarlo. Secondo calcoli del Centro Informazioni Statale il fatturato del settore sharing ha superato 500 miliardi di dollari nel 2016, sta salendo del 40% a circa 700 miliardi nel 2017 e raggiungerà il trilione nel 2018. Il deposito iniziale per l’iscrizione rappresenta ancora il grosso del business. Se le proiezioni sono giuste, nel 2020 l’economia della condivisione varrà il 10% del Pil.
Già oggi ci sono 5,8 milioni di dipendenti. La stampa statale ha scritto che «dopo le Quattro Grandi Invenzioni cinesi (polvere da sparo, bussola, carta, stampa) dei tempi imperiali, l’era delle grandi innovazioni della Cina è tornata: grazie all’economia condivisa e all’ecommerce».