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 2017  settembre 03 Domenica calendario

Elogio della foglia. In un saggio il mondo vegetale da «inessenziale» a nuovo paradigma della vita sociale delle nostre città

Erba volant, alla probabile conquista del mondo. Serviva un manifesto della nuova rivoluzione che non è, semplicemente, verde, ma assume tutti i colori e le forme del mondo. La  «vie des plantes» di Emanuele Coccia è un elogio della foglia, un punto di vista che muta in punto di vita, per raccontare l’intimità, la natura e l’essenza di qualche grammo di vita vegetale. Pubblicato dalla maison Rivages, nella collection diretta da Lidia Breda, storica editrice di osservatori del presente (Marc Augé), è in arrivo in autunno in Italia per il Mulino, che già aveva pubblicato due saggi del filosofo sul Bene nelle cose e La vita sensibile.  
Esiste un Regno che abbiamo perduto, ne fanno parte piccoli lembi di vita verde nelle pieghe dei marciapiede come negli oceani verdi che macchiano i continenti. «La pianta è la forma più intensa, radicale e paradigmatica dell’essere al mondo». Il mondo è una faccenda vegetale. Gli uomini lottano, sovente perdono, la vita (vegetale) vince sempre. Ce lo hanno insegnato le parole del filosofo Francesco Bacone e la celebre citazione hollywoodiana del “caosologo” di Jurassik Park. E ora ce lo suggerisce questo luminoso, fotosintetico essai, vincitore lo scorso giugno del prestigioso Prix delle Rencontres Philosophiques di Monaco. Nell’opera navigano sotto traccia le isole di cemento di Ballard, gli spazi indecisi, privi di funzione di Clément, il tapestry and carpet design floreale di William Morris, creatore dell’Arts and Crafts Movement e padre del design moderno, che appunto nasce dall’osservazione del mondo vegetale.
Questo breve saggio li prevede e li contempla tutti. In qualche modo, li precede. Qui l’oggetto è quella porzione di vita che mostra una «indifferenza sovrana verso il mondo umano». La vita delle piante evoca le prime (e le ultime) parole della filosofia, il platonico senso di meraviglia che è la causa vera di ogni scoperta. Non è un caso che proprio i mirabilia della natura riempissero le celebri wunderkammer dell’Età pre-moderna, mostrando all’ignaro osservatore una cosmologia fatta di piccoli, invisibili miracoli, che possono manifestarsi nella semplice osservazione della perfezione di una foglia.
Coccia, che insegna all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi, è un filosofo compiuto, un filosofo alla francese. Edificato nel Paese dei Lumi, della Civilisation e delle tante contraddizioni di cui sono capaci i due cugini al di qua e al di là delle Alpi. Perché Coccia è anche un osservatore italiano, creativo, divergente, urgente. E la vita, così come la filosofia, vuole la sintesi. Segniamoci questo pamphlet, che non è l’ennesimo, pachidermico sbrodolio accademico, ma al contrario è composto da pagine leggere, veloci, necessarie e pungenti come il volo dell’ape. E procede come una sarabanda, implacabile, logica e disarmante: parte come è ovvio dall’ontologia del regno vegetale, per arrivare ad una gnoseologia e infine ad una fenomenologia della pianta.
Come nei libri pop-up, ogni pagina ci rivela qualcosa di tridimensionale, dalla botanica a Heidegger («interrogare una pianta significa comprendere cosa significhi essere-nel-mondo»), all’analisi del «physiocidio» che la rivoluzione industriale e il darwinismo (tradotto in filosofia, l’idealismo tedesco) hanno compiuto sulla natura. 
«Le piante sono la ferita sempre aperta dello snobismo metafisico che definisce la nostra cultura» dice Coccia. Ecco il vero Zeiteist, il genius saecoli, lo spirito del tempo che ha confinato la vita vegetale nei grandi parchi urbani (Hyde e Central Park, il Bois de Boulogne e la nostra Villa Borghese); ma la goccia verde che Coccia comincia a mescolare nel mare dell’indifferenza verso la vita vegetale rivela un cambio importante di tendenza: il verde comincia a farsi strada, attraverso un nuovo paradigma sociale: il verde non inteso come fortino curato per i picnic urbani, ma vissuto come elemento centrale della vita sociale delle nostre città; così, mentre bruciamo clorofilla, le metropoli del mondo cominciano a riconvertirsi in grandi spazi verdi.
Succede a Nizza, con la sua coulée verte di tredici ettari, lingua vegetale composta da alberi, piante e arbusti da ogni continente che dal 2013 costituisce il principale ponte tra l’antico borgo e la città moderna, animato da aree loisir, giochi d’acqua e piante a tal punto curate da non consentire di comprendere il passaggio tra ciò che è autentico e i tappeti verdi riprodotti con materie plastiche.
E capita pure nella nostra piccola Torino, la città più verde d’Italia (160mila alberi), così come a Rimini, che avrà a breve la più lunga passeggiata verde urbana d’Italia. Infine, a Berlino, dove fino al 15 ottobre prossimo è visitabile IGA Berlin 2017, la più grande esposizione (ogni dieci anni) di giardini al mondo, evento monstre che coinvolge progettisti, urbanisti, artisti e botanici internazionali su 104 ettari di superficie; la cosa bella è che ad essere così riconvertito non è il salotto della città, ma il quartiere ultra periferico e socialmente complicato di Marzahn (collegato al centro da una funivia), dove sorgono per l’evento orti urbani, giardini verticali e sull’acqua, fattorie didattiche ed ogni sorta di esperimento per il futuro che (forse) verrà. Ma siamo a Berlino, città aperta, dove tra le altre cose ci sta pure un bar, il Dschungel di Neukoll, letteralmente coperto all’interno di possenti arbusti. Intanto, a Saint Tropez le icone pop celebrano il nuovo corso nel Gala annuale della Fondazione ambientalista di Leonardo DiCaprio. 
Già, le piante, quell’«accidente inessenziale e colorato» di cui la filosofia non si è (quasi) mai occupata e invece oggetto della passione minoritaria di botanici, hippies e inglesi. Coccia cerca di colmare questa insufficienza epistemologica, offrendo alle piante, che tempo fa si offrirono al suo sguardo di adolescente nei quattro anni passati in collegio nella campagna italiana. Chissà se Coccia ha letto le descrizioni di Teofrasto, grande botanico dell’antichità, padre della tassonomia (arte della classificazione) botanica. O le misteriose rappresentazioni botaniche del manoscritto Voynich, ma la vita delle piante ha affascinato l’uomo dal principio e forse solo il Secolo breve ha manifestato disinteresse, addirittura fastidio per foglie, arbusti e radici. 
La parola cardine è antropizzazione, fenomeno che ha ampiamente mutato il mondo; ora stiamo cominciando ad assistere alla sua nemesi. Restiamo dunque in attesa di un nuovo e inedito colonialismo, quello delle piante, che sono in ultima sostanza la migliore metafora della vita sul pianeta. Salveremo noi, se salveremo loro. In ogni caso, presto o tardi, loro vinceranno, con, senza e dopo di noi. Sarà, ma se erba volant, temiamo che l’invito di Coccia ad abbracciare il mondo delle piante sia destinato a rimanere sulla carta (vegetale); quali che siano i nostri desiderata, Bacone la vedeva così: «La speranza è una buona colazione, ma una pessima cena».