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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Cartoon per i grandi. Oltre la realtà il cinismo è servito

Oltre il mondo delle grandi messe in scene contemporanee, delle produzioni multimilionarie e delle saghe interminabili, ce ne è un altro più colorato, più fitto e più rumoroso. È il mondo dei cartoon che sta tornando prepotentemente di moda. Merito anche, ma non solo, dei nuovi titoli prodotti e distribuiti, come Adventure Time di Cartoon Network. I protagonisti sono Finn, un bambino avventuriero, e Jake, un cane magico. Vivono in un mondo che ricorda una via di mezzo tra i vecchi giochi da tavola e il fantasy più puro, ricco di elementi steampunk e che trova nell’assurdo – o nel piccolo dettaglio – il perno narrativo.
In arrivo da Adult Swim (in Italia su Netflix), c’è Rick and Morty, altro capolavoro d’animazione, che racconta la storia di un nonno geniale e di un nipote introverso, che viaggiano nello spazio, combattono contro civiltà sconosciute, e che convivono con i problemi di ogni giorno. Ogni storia – negli Usa è partita la nuova stagione – è farcita di citazioni e di un sottobosco ricchissimo di personaggi. Si ride, in Rick and Morty. Certe scelte narrative, alcune di scrittura, altre registiche, mettono a nudo un mondo non molto diverso dal nostro, alternativo, paradossale nel suo cinismo cocente. Rick è un alcolizzato, condannato all’autodistruzione. Morty è figlio di due genitori in crisi, sensibile e impressionabile.
Rispetto alle altre serie tv, la forza dei cartoon è quella di poter spaziare tra i generi, senza mai risultare eccessivi o noiosi, di poter prendere spunto dalla realtà, e non per questo venirne sommersi; e di poter lasciare ampio respiro all’immaginazione dei suoi creatori. Qui il compromesso non è mai tra quantità o qualità. Anzi. Il caso di Rick and Morty è significativo: prima di annunciare la messa in onda dei nuovi episodi, i suoi creatori, Justin Roiland e Dan Harmon, hanno voluto assicurarsi non solo che fossero buoni, ma che fossero migliori di quelli delle due precedenti stagioni.
Su Netflix, invece, c’è BoJack Horseman, che giunto alla sua quarta stagione (dall’ 8 settembre) è riuscito a imporsi come uno degli show più apprezzati della storia televisiva contemporanea. Il protagonista, BoJack, è un attore, un cavallo, perennemente in bilico tra il successo, la paura di essere dimenticato e una vita fatta di eccessi e sregolatezze.
Matt Groening, la mente geniale dietro ai Simpson e Futurama, è a lavoro su un nuovo progetto per Netflix intitolato Disenchantment, che racconta la storia di una principessa alcolizzata, di un elfo e di un demone. Un cambio di rotta netto rispetto ai due precedenti lavori. Ma che riesce a conservare un’anima dissacrante e critica: prende lo stereotipo per eccellenza dei racconti fantastici – la principessa – e lo ribalta rendendola alcolizzata, scontrosa e intrattabile. Anche Stephen Colbert, presentatore del Late Night della Cbs, ha annunciato che produrrà una serie animata su Donald Trump.
Nei cartoon si parte da un’idea e si finisce per spaziare su qualunque campo, sfottendo, ridendo, stravolgendo ogni cosa. Non ha importanza chi sia il protagonista. Importa la storia. Importa il rispetto della scrittura, l’essenzialità delle animazioni, la forza dell’immaginazione. Dimenticate i draghi, le guerre fratricide; gli assassini, lo spaccio di droga, e personaggi shakespeariani. Nei cartoon, c’è molto altro. E sempre, questo è il segreto, con una risata in sottofondo.