Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Una cellula dal Maghreb per portare la Jihad nel cuore della Spagna

Due fratelli di origine marocchina, Moussa e Driss Oukabir, forse un terzo uomo ancora in fuga. La cellula che ha colpito a Barcellona ieri aveva ancora contorni vaghi, qualche anomalia, ma un forte connotato maghrebino, lo stesso che caratterizza la galassia jihadista in Spagna. Gli Oukabir sono di Aghbala, una cittadina sull’Atlante, con residenza a Ripoll, in Catalogna. Il responsabile dell’attacco è forse Moussa, appena diciottenne, ma tutti e due erano da poco tornati dal Marocco.
Un dettaglio importante, per la propaganda islamista: partire dal Maghreb per colpire al cuore la Spagna ribadisce il legame fra il mondo musulmano e le terre che i jihadisti chiamano Andalus, il nome arabo dei loro secolari domini nella penisola iberica. La riconquista di Andalus è fra le “rivendicazioni” dell’Isis, fin dal 2014, e l’attacco di Barcellona è il primo riuscito in Spagna dal 2004, dopo quello nella stazione madrilena di Atocha. Ora, con la prima strage dell’Isis in terra spagnola, siamo di fronte a una staffetta fra le due più pericolose organizzazioni terroristiche, che rispecchia quella avvenuta negli ultimi quattro anni fra i jihadisti iberici.
L’Isis non è riuscito a replicare le dimensioni di Atocha ma l’attacco era pianificato, organizzato, lungo le linee guida dei “manuali” online. Istruzioni su come affittare e usare furgoni per far strage erano presenti sul numero 9 del mensile Rumiyah, uscito tre mesi fa, che incitava a “accoltellare gli infedeli, tagliargli le gole, mozzargli le teste, schiacciarli sotto i camion, e bruciarli vivi finché non pagheranno la jizyah e non saranno umiliati”. La presenza di complici conferma che siamo davanti a una cellula, non si sa quanto vasta, e non a un “lupo solitario”.
La Spagna era stata finora risparmiata, ma non per questo era fuori dal mirino dell’Isis: almeno 40 cellule sono state smantellate dal 2013. Anche se non sono numerosi come i francesi, i foreign fighters spagnoli hanno cominciato a raggiungere la Siria già nel 2012, al ritmo di 30-40 all’anno, secondo il centro studi Cts Sentinel. In principio si uniscono alla branca siriana di Al-Qaeda, Al-Nusra, ma poi la maggior parte passa con l’Isis.
Fra il 2012 e il 2014 almeno 11 jihadisti partono da Ceuta, enclave spagnola sulla costa marocchina, altre decine da Melilla, la città di fronte a Gibilterra. Sono cittadine sulla costa africana con circa il 30 per cento di popolazione islamica, soggette a forti tensioni e a una propaganda martellante da parte delle cellule jihadiste marocchine e algerine. L’alta percentuale di soggetti provenienti da Ceuta e Melilla si conferma nelle statistiche, elaborate dal Combating terrorism center, che riguardano i 178 jihadisti arrestati in Spagna fra il 2013 e il 2016: il 32 per cento proviene dalle due enclave, il 20 per cento da Barcellona e dintorni. In questo campione di islamisti la componente maghrebina è elevata: il 42,7 per cento hanno nazionalità marocchina, contro il 41,5 di spagnoli, la metà sono immigrati di seconda generazione, il 40 per cento di prima generazione, il 10 convertiti.
A maggio è stata individuata una “cellula di collegamento” composta da tre sospetti terroristi. Uno è stato arrestato a Tangeri, gli altri due in Catalogna, marocchini attivi nel reclutamento di giovani da inviare a combattere in Siria. Ieri sera non era ancora chiaro se Driss Oukabir faccia davvero parte della cellula di Barcellona o sia stato tirato dentro dal fratello minore che ha usato i suoi documenti per affittare il furgone. Dal profilo Facebook emerge un personaggio confuso: si dà il nome di battaglia “Soprano” in onore della serie tv sulla Mafia, esalta la “Mafia del Maghreb”, posta immagini e video sugli scontri fra israeliani e palestinesi e denuncia lo stato “pietoso” in cui si trova “l’arabismo”.
L’Isis ha dato prova però di saper attirare nella rete jihadista giovani borderline, al confine fra delinquenza ed estremismo, come l’autore della strage di Nizza del 14 luglio scorso, il tunisino naturalizzato francese Mohamed Lahouaiej Bouhlel. Il fatto che nella rivendicazione lo Stato islamico parli di “soldati del califfato” è un segnale in codice per indicare un legame organico. Mosul è persa, Raqqa quasi, ma l’Isis può contare ancora su migliaia di combattenti europei e maghrebini per colpire l’Europa e prolungare la guerra all’Occidente.