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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

La Bce teme la corsa dell’euro: «Effetti negativi sulla crescita»

La Banca centrale europea sarà molto prudente, forse più di quanto si aspettassero i mercati, nel realizzare l’uscita dalla politica monetaria non convenzionale con la quale ha risposto alla crisi degli anni scorsi. L’eventualità deriva dalla lettura delle minute della riunione di luglio del Consiglio dei governatori, nella quale si sono registrate preoccupazioni sulla forza dell’euro rispetto al dollaro e dubbi sull’opportunità di cambiare il linguaggio con il quale la Bce guida le aspettative degli operatori in fatto di tassi d’interesse. Il risultato immediato è stato che ieri l’euro si è indebolito rispetto alla valuta americana, inizialmente di un 1% per poi finire con una caduta inferiore allo 0,3%. La moneta comune europea ha perso anche lo 0,6% sullo yen e lo 0,2% sulla sterlina. Durante la riunione del 19 e 20 luglio scorsi, i governatori hanno «espresso preoccupazioni rispetto al rischio che in futuro il tasso di cambio» si apprezzi eccessivamente, è scritto nel riassunto del meeting. Di base, le minute notano che l’apprezzamento recente della valuta europea, il 12%, «potrebbe essere visto in parte come il riflesso dei cambiamenti relativi dei fondamentali dell’area euro in confronto al resto del mondo». Dovuto cioè alla robusta crescita economica in atto nell’eurozona. Ciò nonostante, la possibilità che l’euro si rafforzi troppo è una preoccupazione: le esportazioni potrebbero soffrirne e le spinte inflazionistiche, ancora deboli, potrebbero calare. I fattori che potrebbero spingere verso l’alto la moneta europea, oltre alla forza dell’economia dell’area, sono le scelte che farà la Federal Reserve americana (cioè se dovesse decidere di rallentare il rialzo dei tassi d’interesse) e naturalmente i tempi e i modi con i quali la Bce ridurrà lo stimolo monetario in corso.
La Bce, come ha ribadito più volte il suo presidente Mario Draghi, non usa la politica monetaria per influenzare il tasso di cambio: si tratterebbe di una scelta mercantilista che potrebbe portare a guerre valutarie. Nel fare le sue previsioni, però, la Banca centrale non può non tenere conto del livello dell’euro. E nelle comunicazioni che regolarmente trasmette ai mercati non intende dare messaggi che potrebbero essere interpretati non correttamente e portare a un rafforzamento ingiustificato della valuta. Anche per questo, alla riunione di luglio i governatori hanno preso in considerazione l’idea di modificare – in senso più restrittivo – il linguaggio che usano solitamente quando parlano di tassi d’interesse, ma poi hanno lasciato perdere proprio per il timore di mandare un segnale che i mercati avrebbero potuto equivocare, come in altre circostanze è successo di recente. Hanno quindi convenuto che «l’attuale posizione di politica monetaria rimane appropriata», sia per quel che riguarda gli acquisti di titoli sui mercati per 60 miliardi al mese sia per quel che concerne i tassi d’interesse che resteranno a zero o negativi fino a dopo che gli acquisti stessi saranno terminati. Ci si aspetta che alla riunione del Consiglio dei governatori del 7 settembre inizi la discussione sul come e quando terminare lo stimolo monetario in corso e che una decisione sia comunicata in ottobre.