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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Anatomia del coltello (da cucina)

Non esiste cucina senza un coltello. Non esiste cuoco (anche improvvisato) senza un coltello. Stiamo parlando di un oggetto talmente diffuso da essere considerato quasi banale. Eppure, un coltello è anche molto altro: simbolo di guerre, sangue e morti. Al punto da essere stato messo al bando, in alcune culture, dalla tavola conviviale. Fino a condizionarne così, piano piano, anche le tradizioni gastronomiche, e a far scomparire, ad esempio, pietanze che ne prevedono l’uso: come la tartare, o la bistecca....
Un oggetto iconico, dunque, che oggi più che mai racconta, nelle sue evoluzioni, le tendenze della cucina mondiale. Ma resta, anche, uno straordinario status symbol. Pensate ad Anthony Bourdain, lo chef “maledetto” e tra i più conosciuti al mondo. Nell’ultima puntata della sua serie web «Raw Craft» ha incontrato Bob Kramer nel suo negozio di Washington. Chi è Bob Kramer? Il creatore di «Kramer Knives» e colui che ha introdotto Bourdain alle tecniche segrete che si celano dietro questi coltelli considerati le rolls royce del genere. A differenza di altri coltelli, infatti, Kramer incorpora meteoriti e pietre stellate nel suo materiale, per forgiare il proprio acciaio strato su strato di metallo e poi li fonde insieme fino a creare una lastra meravigliosamente unica. E dopo il fuoco e la formazione del metallo, Kramer finisce di intagliare il coltello a mano. Un capolavoro unico, e proprio per questo osannato a livello mondiale. Un mito, per chi è convinto (e sono sempre di più) che dietro un coltello si celi molto di più. Esista addirittura una simbolicità che lo eleva ad uber-oggetto. Ma per capire quanto la coltellomania stia invadendo il pianeta ci sono due indicatori. Il primo: andate su Amazon, sezione libri food, e contate quanti volumi sul tema sono stati pubblicati o stanno per. Sono decine... Il più bello? L’ultimo del food writer Tim Hayward: «Knife: the cult, craft and culture of the cook’s knife». Una bibbia, per gli appassionati del genere. Imparerete la differenza tra un coltello francese e un Yanagiba giapponese da 6 mila dollari. La differenza tra un Sabatier e un Prestige. Oppure scoprirete i Global, marca giapponese che per prima ha esportato coltelli facendoli diventare davvero iconici.
Ma sicuramente per sapere tutto, ma proprio tutto, di questo oggetto, vale sempre la pena una rilettura del capolavoro della storica e food writer inglese Bee Wilson «In punta di forchetta»: un excursus nei secoli sulla storia (e l’utilizzo) degli accessori più famosi in cucina: dalla forchetta al coltello, appunto. E così scoprirete che nel 1637 il Cardinale Richelieu fu così sorpreso da un ospite che usava la punta di un coltello per pulire i denti che ordinò tutti i suoi coltelli. Ma è la fine delle piastre comunali di carne a segnare il cambiamento: l’alimento poteva essere tagliato e porzionato in cucina, non al tavolo. Cambiò anche la forma del coltello da tavola: era diverso, con la mano avvolta attorno al manico, piuttosto che a pugnale. E i coltelli già da allora, racconta Wilson, cominciano a essere status symbol: erano ancora fatti del miglior acciaio, e la loro presenza sulle tavole londinesi era un metro per valutare la ricchezza dei proprietari, più che la loro effettiva utilità. Prima di Richelieu, comunque, il coltello non aveva posto a tavola: era troppo prezioso e troppo personale, per far parte di una famiglia. Invece, nell’Europa medievale e rinascimentale, tutti avevano la propria lama. Wilson descrive un ritratto familiare svizzero del 1640 da H. H. Kluber, in cui le figlie hanno fiori nei loro capelli e coltelli argentati, attaccati a corde di seta, intorno alle loro cinture. Un simbolo di benessere, oltre che di grande creatività.
Il secondo indicatore di questo dilagante successo è invece dato da quanto il mestiere di bladesmith, il forgiatore di coltelli, sia diventato ambito. Stare vicino alla fornace, a temperature impossibili, pare il sogno dei gastrohypster. Fulgido esempio è «Blenheim Forge», a Peckam (Londra). La fabbrica di coltelli artigianali è stata recensita da giornali come l’ Independent e il Telegraph, Time out e la Bbc. Un gruppo di amici che ha trasformato un hobby in un lavoro... di moda. Al punto da diventare loro stessi famosi al livello delle rockstar e celebrati su siti come The Foodist o Nowness. D’altronde, nel mondo esistono solo 122 master bladesmith certificati nella Master Bladesmith Society. Infine, oltre a Zwilling che arriva dalla Germania come storia di eccellenza, andate a scoprire anche i coltelli Savernake. Fabbricati in Wiltshire, in Inghilterra, sono una combinazione di artigianalità, tecnica e bellezza.
A.F. @angelafrenda