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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Creare un posto di lavoro costa un milione di dollari

Molti anni fa un presidente della Finmeccanica (finanziaria di un istituto industriale pubblico ormai scomparso, l’Iri), allora proprietaria dell’Alfa Romeo, stufo di leggere nei miei articoli quanto costava al contribuente ogni Alfasud che usciva dai suoi stabilimenti, mi disse spazientito: «Noi diamo lavoro e facciamo crescere il reddito nazionale. Le perdite sarebbe meglio se non ci fossero, certo, ma, di fronte a tutto il bene che creiamo, sono un problema trascurabile».
Insomma, il solito giornalista che travisa, ingigantisce, aizza il mansueto contribuente. Non era ancora tempo di «fake news».
Erano, invece, gli anni ruggenti delle Partecipazioni statali e delle «cattedrali nel deserto»: i grandi impianti costruiti in un Mezzogiorno bisognoso di sviluppo ma privo di infrastrutture.
L’aneddoto mi è tornato in mente qualche giorno fa quando Donald Trump, ostile alla Apple perché costruisce iPhone e iPad in Asia (anche se poi il grosso del valore, dalla progettazione al marketing, rimane negli Stati Uniti) ha annunciato trionfante che il suo capo, Tim Cook, gli aveva promesso di costruire «a big, big, big plant» negli Stati Uniti. Entusiasmo dei «fan», applausi freddini e tirati, ma comunque applusi, anche dai critici di «The Donald»: sarà protezionista, avrà minacciato le aziende, ma alla fine un po’ di produzioni le sta davvero riportando in patria (è in arrivo anche uno stabilimento Mazda-Toyota). Al rispettoso Barack Obama non era riuscito.
Ma l’impianto che verrà costruito in Wisconsin – non dalla Apple ma dalla sua sobfornitrice cinese Foxconn – costerà al contribuente americano 3 miliardi di dollari in agevolazioni e incentivi di vario tipo per creare poche migliaia di posti di lavoro: «Fino a 13 mila» gorgheggia Donald Trump, ma quel numero fa parte di ipotesi di lungo termine dell’azienda che per ora si impegna ad assumere tremila operai in un arco di quattro anni.
Un milione per ogni posto di lavoro! Come avveniva ai tempi delle nostre aziende pubbliche, chi calcola che costerebbe meno dare agli operi lo stipendio e tenerli a casa si becca del disfattista: si attivano miliardi di investimenti, si crea un indotto. Lo Stato recupererà tutto con le tasse generate dalla nuova produzione.
Un’analisi dei tecnici indipendenti del parlamento del Wisconsin conferma: se tutto andrà per il verso giusto, i contribuenti dello Stato riavranno i loro soldi indietro. Ci vorrà solo un po’ di pazienza: dovranno aspettare fino al 2043.