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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Attentato a Barcellona. Driss «la Faina» e lo spaccone Moussa. Il mistero dei fratelli, ma il killer è in fuga

Prima la strage, dopo la confusione. Totale. Per alcune ore la polizia catalana ha indicato come responsabile Driss Oukabir, alias «la Faina»: è lui l’uomo che ha noleggiato il furgone, lo abbiamo arrestato. Storia capovolta in serata quando una persona si è presentata alle autorità ed ha raccontato: «Sono il vero Driss, qualcuno mi ha rubato i documenti». Quel qualcuno potrebbe essere il fratello Moussa, appena 18 anni. Dunque è lui in manette e non Driss. Ma il dettaglio è per nulla sicuro. Buio sul killer, che per gli inquirenti è in fuga. Misteri seguiti da altri: c’è da capire chi siano un secondo fermato e un terzo individuo ucciso quando ha tentato di forzare un posto di blocco. Inoltre per gli inquirenti c’è un legame con un’esplosione avvenuta in una casa ad Alcanar (Tarragona) nella notte di mercoledì, episodio che ha causato un morto e alcuni feriti. La sola certezza in tanto caos la rapida rivendicazione dello Stato Islamico con la consueta formula: «Due soldati del Califfato hanno colpito in risposta agli appelli».
Il primo sospetto Marocchino, cittadino francese, nato nell’89, Driss ha vissuto a lungo a Marsiglia per poi spostarsi in Spagna, nella località di Ripoll, poco a nord del capoluogo catalano. Personaggio peraltro noto alla legge, visto che ha «soggiornato» fino al 2012 in una prigione. Di recente sarebbe stato in Marocco per poi rientrare in Spagna attorno al 13 d’agosto. Due giorni dopo nel suo profilo Fb ha postato una foto che lo ritrae in spiaggia, con le cuffie. Forse ascoltava musica rap, quella spesso rilanciata insieme a dei video sempre su Facebook. Una pagina apparentemente anonima, senza riferimenti politici, se si escludono alcuni articoli sul conflitto israelo-palestinese. Più interessante quella del fratello Moussa, con immagini di un uomo armato e il viso coperto da un casco, insulti ai poliziotti, materiale su risse selvagge e una frase dove si dice pronto «ad ammazzare gli infedeli». Quale ruolo hanno avuto? E cosa c’entra il botto di Tarragona? Qui tra le macerie sono state trovate molte bombolette di gas: stavano preparando un’autobomba rudimentale o le vendevano illegalmente ai turisti? Volevano aggiungerle all’ariete – come hanno provato a fare in Francia – per innescarle una volta spazzate via le persone? Oppure l’incidente è solo una coincidenza? Fatto è che uno degli arresti è avvenuto proprio a Tarragona. Insieme di indizi che non esclude l’ipotesi di una vera cellula.
Gli appelli In attesa di riscontri va sottolineato come la strage sia una conseguenza di due fattori. Il primo. L’opportunità e la volontà di colpire da parte di uno o due elementi, i cani randagi che sono però temuti da un lungo guinzaglio. Quello in mano agli ispiratori dell’Isis. Personaggi in grado di dirigere in modo remoto i seguaci in Occidente. Il secondo. Gli appelli continui ad attaccare usando metodi semplici, come il pugnale o l’auto-ariete. Già in dicembre e febbraio c’erano state segnalazioni per luoghi turistici in Spagna (un attentato sventato), un allarme su Barcellona è stato ripetuto di recente dagli Usa, quindi l’ultimo invito lanciato l’8 agosto con un video dello Stato Islamico. In quell’occasione era stato un mujahed australiano a spronare i simpatizzanti: non venite nel Califfato ma entrate in azione nei vostri Paesi, usando magari una vettura. Parole per ripassare una lezione nota e spiegata dai propagandisti con i loro manuali fatti girare sul web. Noleggiate o rubate un mezzo, meglio se di grosse dimensioni. Prendete di mira feste e spettacoli. Se potete, dopo aver travolto i pedoni, uscite dall’abitacolo e aggredite i feriti con coltelli e pistole. Modus operandi consolidato ed efficace. Lo Stato Islamico ha causato con questo sistema quasi 130 vittime. Non solo. Elementi razzisti lo hanno emulato in Gran Bretagna e negli Usa, a dimostrazione che – purtroppo – funziona.
Europa in guardia L’attacco di ieri ha comunque ridato vigore ai timori delle polizie europee. La minaccia portante è rappresentata dagli esecutori individuali/microcellule, ma ciò non significa che sia svanita quella più strutturata. I servizi di sicurezza paventano il rientro dei veterani da Siria-Iraq, le ultime stime parlano di 2-3 mila elementi che potrebbero rientrare facendo poi da guida a complici meno esperti. Formazioni ibride in grado di compiere incursioni, forse con il ricorso alle autobomba, all’uso di Kalashnikov come avvenne a Parigi, all’impiego di piccoli droni sperimentati in questi mesi di guerriglia. Sono scenari dove non mancano dubbi: se il Califfo ha davvero un comando per le operazioni esterne dovrebbe organizzare una lunga cadenza di attentati «spettacolari» e invece alla fine si affida sempre al singolo, magari appoggiato da un complice. Quadro che inquieta anche gli spagnoli. Dalla penisola iberica sono partiti circa 200 volontari, numero inferiore rispetto ad altre realtà, ma che compone un mosaico più ampio. Dal 2004 sono state arrestate 700 persone e smantellate 40 cellule, in particolare nella regione catalana e nelle due enclave africane di Ceuta e Melilla. Segnali della tempesta che è poi arrivata.