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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

Andrea Guerra ha lavorato per Scola, Muccino, Ozpetek: «Il segreto delle mie colonne sonore? Io le compongo con gli occhi»

La prima cosa bella è una confessione insolita: «Non so di preciso quanti anni ho. Sono 55, ma tendo a toglierli. Comunque mi sento nel pieno, per questo mi fa effetto un riconoscimento alla carriera». Il premio è il prestigioso Soundtrack Stars 2017. Andrea Guerra, nato a Sant’Arcangelo di Romagna, figlio del poeta Tonino scomparso 5 anni fa, lo riceverà durante la Mostra di Venezia e alla fine, pensandoci su, se n’è fatto una ragione: «Ho vissuto esperienze e collaborazioni, anche inaspettate, con persone di diverse età. Ho iniziato scrivendo al computer, con la possibilità di suonare guardando immagini, mentre fino a poco prima si suonava immaginando. Direi che sono un compositore con gli occhi».
Quanto influiscono sul suo lavoro le nuove tecnologie?
«I contesti in cui si compone possono essere tanti, ma di base la creatività viene dalla fantasia e io sono molto fantasioso. Gli effetti delle tecnologie sono altri, riguardano soprattutto il mercato, che si è impoverito. Tutto viene svenduto, la musica è diventata “da asporto”, un file che puoi trovare su Internet e ti metti in tasca mentre fai jogging. I condizionamenti sono molti, nel male ma anche nel bene, con il tempo bisognerà capire cosa succederà».
Quando e come ha capito che questa era la sua passione?
«È cominciato tutto con i documentari subacquei di Jacques Cousteau. Mi piaceva tantissimo guardarli, un mondo muto che si muoveva. Con questa fissazione in testa mi sono trasferito a Roma, avevo 28 anni, creare musiche per gli abissi mi ha permesso di lavorare subito. Prima si usavano le canzoni, ci voleva un bel matto disposto a creare quel tipo di accompagnamenti».
Se non fosse diventato compositore che cosa avrebbe fatto?
«Mi piace dipingere. Faccio piccoli lavori decorativi per divertimento, e quando vedo qualcuno dipingere spesso provo invidia».
L’incontro fondamentale della sua vita?
«Con la musica. Quando ho cominciato a scoprirne l’immenso caleidoscopio di possibilità. E poi con Giuseppe Bertolucci, con cui feci uno sceneggiato tv. Era una persona armoniosa, con una gran capacità di pensiero. Leggeva le poesie di Giorgio Caproni, me le ha fatte amare».
Ha lavorato con tanti registi. Con alcuni, come Ferzan Ozpetek, si è stabilito un vero sodalizio artistico. Su che cosa vi siete intesi?
«Sul senso dell’ineluttabilità. Che rende universale una storia e raggiunge il pubblico. I film di Ferzan sono dipinti sociali in cui la musica pop si mescola con la classica, in cui gli aspetti politici sono immersi in un contesto neo-realistico, in cui si parla di tutto, dalla morte al trans col seno rifatto. Senza che il tono diventi mai romantico o penoso».
E con Gabriele Muccino?
«Conoscevo bene suo fratello Silvio e, la prima volta che ci siamo sentiti, è stato grazie a lui. Per La ricerca della felicità Gabriele voleva portarsi in America un compositore italiano. Vederlo sul set, mentre lavorava e parlava con Will Smith, mi ha impressionato. Un vero dominatore».
Per Ettore Scola ha composto la colonna sonora diChe strano chiamarsi Federico.
«Era una persona meravigliosa, la sua frase ricorrente era “non vorrei essere nei tuoi panni”, voleva una musica che contenesse il sorriso, mi faceva sentire che la responsabilità era mia, si aspettava una cosa convincente».
Ha lavorato tanto anche in America, firmando, tra le altre cose, le musiche diNine. Differenze nel modo di collaborare?
«In Italia parli sempre prima con il regista. In America sempre prima con il produttore. Ma ora le cose stanno cambiando, si fanno dei demo che vengono valutati».
Qual è la sua colonna sonora preferita?
«Il tema dei Girasoli di Henry Mancini, ha tanti ingredienti e comincia con una nota storta». Guerra si mette a canticchiare.
Che cosa è per lei la musica?
«Un corrimano. Qualunque cosa ti succeda nella vita hai sempre una guida che ti accompagna e non ti fa sbagliare. Una linea che parte prima di te e continuerà dopo. E perciò ti fa stare tranquillo».
Progetti?
«Il nuovo film di Riccardo Milani con Cortellesi e Albanese. Poi ho un impegno a Bollywood. E sto riflettendo sul futuro, su una mia ricerca di autonomia, forse nel campo della video-arte».