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 2017  agosto 18 Venerdì calendario

«Brigitte e basta». La seconda vita di Madame Macron

Brigitte e Emmanuel
«Lui è un pazzo che sa tutto di tutto». «Il suo solo difetto è di essere più giovane di me». «Quando ero professoressa di lettere nel liceo di Emmanuel, non è mai stato mio allievo. Ci siamo ritrovati a scrivere delle pièce assieme nel laboratorio teatrale della scuola. Ho capito che la nostra relazione stava cambiando, mentre lavoravamo su “L’arte della commedia” di Eduardo De Filippo». «Non mi sento una trasgressiva: questa storia si è fatta dolcemente. Non è stato facile per nessuno, ma ho portato la mia famiglia progressivamente a rendersene conto e così ha fatto lui con la sua». «Tra di noi siamo spesso d’accordo e poi non lo siamo più. Litighiamo e dopo smettiamo di litigare. È tutto molto fluido: è sempre stato così». «La sera dell’elezione, al Louvre, mi sono ritrovata muta, io che ho sempre bisogno di parlare. Vedevo solo Emmanuel e non la folla. Avevo voglia di piangere». «Lui mi ricorda Giovanna d’Arco».
Tra vita e morte
In «Bel-Ami», di Guy de Maupassant, alla vigilia di un duello, l’eroe non pensa a scamparla: si vede già morto il giorno dopo. «Questo terrore della morte io lo conosco da sempre. Ero l’ultima di sei figli. Avevo 8 anni e la più grande delle mie sorelle morì in un incidente, con il marito e il figlio che portava in grembo. Lei è con me ogni giorno della mia vita». «Un padre, reduce dell’attentato di Nizza, con un neonato di due mesi tra le braccia, mi ha detto: “Ho voluto questa bambina per non morire, perché l’altro figlio se ne è andato tra le ruote di un camion”. In questi casi non si può dire niente, solo chiedere perdono, perché siamo umani ed è un uomo che l’ha fatto». «Ma mantengo un certo talento per essere felice: sono una donna del Settecento, il secolo dei Lumi e di Voltaire. E della ricerca della felicità, che mi corrispondono appieno».
«Première dame»
«Traduce un’espressione americana, una perifrasi che non mi piace per niente. Non mi sento né prima né ultima». «Un religioso, padre Pedro, del Madagascar, è venuto a conoscermi. Mi ha chiesto come doveva chiamarmi. E io gli ho risposto: Brigitte». «Anche Melania Trump l’ho chiamata con il suo nome. È una donna molto attenta all’educazione, vuol far bene le cose. Mi ha emozionato». «Per tre mesi sono andata per la Francia a incontrare tante persone, con calma e senza giornalisti al seguito. Non si dicono le stesse cose dopo ore di dialogo e dibattiti rispetto a quando ci si conosce per una trentina di minuti davanti alle telecamere». «Farò di tutto per lottare contro l’esclusione, soprattutto per quello che riguarda l’handicap, l’istruzione e la malattia». «Sul sito dell’Eliseo, metterò online i miei appuntamenti e impegni, perché i francesi sappiano esattamente cosa sto facendo».
La letteratura
«Ho una passione senza limiti per Gustave Flaubert. Per me è impensabile che non si sia letto «Madame Bovary». Nelle sue opere tutto ha un significato. Già dalla torta nuziale di Emma Bovary si capisce che il suo matrimonio non funzionerà». «Nella poesia il genio assoluto è Rimbaud. Ma il mio libro prediletto è “I fiori del male” di Baudelaire». «Sono leibniziana, penso che ci sia sempre un giusto equilibrio tra felicità e malessere». «Alla nascita del mio terzo figlio, ho avuto voglia di cambiare mestiere. Mi ero laureata in Lettere. Ho iniziato a insegnare in una scuola privata. E molto presto ho scoperto che quel lavoro mi faceva stare così bene e provare un grande orgoglio».
La moda
«Le sono molto sensibile. E se questo può fare del bene alla moda francese, perché no! Esiste una certa idea della donna francese in giro per il mondo. E io ho fatto sempre attenzione a come mi vestivo: basta chiederlo alle mie figlie e ai miei ex allievi». «Ho la fortuna di avere incontrato Nicolas Guesquière, il creatore di Vuitton, che mi capisce e mi conosce bene. Ma anche Karl Lagerfeld è un artista immenso. Poi, adoro Olivier Rousteing, Alexandre Vauthier e tanti altri ancora. Mi piace molto Alaia, ma le sue gonne sono davvero troppo corte. Io le porto subito sopra le ginocchia. Le minigonne le indossavo quando ero giovane. Uscivo di casa la sera e le nascondevo nella borsa». «A scuola mi riprendevano spesso, dicevano che ero impertinente». «Non abbassavo gli occhi, mai». «Non ho vissuto bene la mia adolescenza. Anche per questo mi è piaciuto trascorrere una parte della mia vita professionale in mezzo agli adolescenti».